Con questo blog si conclude la mia esperienza qui a Pechino. Non scriverò le frasi scontate di quanto è stato bello, di come mi mancherà e delle conoscenze che ho fatto, perché ho ancora cinque giorni da colmare di sapori, profumi e storie cinesi. Quando sono arrivata qualcuno mi disse: “enjoy the most of Beijing”, è quello che ho fatto, che sto facendo e che farò fino al giorno del mio volo. Gite e nuove scoperte sono appuntate sulla mia agenda pechinese, mi spiace solo non poterle raccontare qui e fare assaporare ancora un po’ di Cina.
Dopo due mesi alla scoperta della storia, della cultura, dei cibi della capitale, gli ultimi week-ends sono dedicati ai dintorni di Pechino, dintorni un po’ “naturalistici”. Diciamocela tutta, lavorando per nove settimane d’estate, con il caldo e l’afa, nella megalopoli più grande e più inquinata del mondo ti viene la mancanza anche del più piccolo olivo del giardinetto di casa, che, prima d’ora, non avevi mai considerato un elemento vitale dell’ecosistema. Se a questo aggiungiamo che i paesaggi naturali della Cina sono molto particolari e rigogliosi, otteniamo la combinazione giusta per organizzare una gita fuori porta. Lo scorso sabato, quindi, abbiamo deciso di avventurarci fuori Pechino e andare alla scoperta di Shidu. L’idea di scaricare lo stress settimanale e, allo stesso tempo, ricaricarci per l’ultima settimana di lavoro in una riserva naturale era molto eccitante. Oltretutto, sarebbe stata una giornata senza grattacieli, senza rumori urbani, senza smog, ma verdeggiante per la natura, pura per l’aria e rinfrescante per il fiume. E dunque: pronti, partenza, via per Shidu! La delusione è stata tanta! Ti ricordi allora che sei in Cina, in quella nazione il cui unico obiettivo è mostrare al mondo che sta diventando ricca e competitiva, ma a che prezzo! Distruggere una riserva naturale con un parco giochi incastonato nelle montagne è una delle tristi conseguenze di questa crescita. Shidu non è molto diversa da Pechino. I rumori del traffico sono sostituiti dalla musica delle giostre, un filo di smog, generato dai pullmini che ti risparmiano solo 500 metri a piedi, riveste le montagne. L’unica consolazione è stato l’ottimo cibo (che qui non delude mai) in un piccolo ristorantino in riva al fiume con una bella compagnia.
Con il ricordo di questa bella compagnia, conosciuta grazie all’esperienza di stage in Cina con CRCC qui a Pechino, mi avvio alla conclusione di questo blog e di questa avventura. Lo spazio purtroppo è poco per raccontare tutto ciò che ho vissuto e quello che ancora farò. Certamente posso dire che gli obiettivi per cui sono venuta qui sono stati raggiunti. Ho migliorato le mie competenze linguistiche, mi sono addentrata nel mondo del lavoro e ho ampliato le mie conoscenze nel campo delle ONG e dei diritti umani. In questi tre mesi con la Cina e con il mio futuro ho cominciato a tessere una tela che diventerà sempre più fitta. Grazie CRCC!
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