Monday, November 30, 2015

#Giorno23 CINQUANTA SFUMATURE DI ROSSO, MA DI EROTICO PROPRIO NIENTE

Come la rush hour a Pechino, tra le 18.00 e le 19.00, una sintesi quasi perfetta tra un giro turistico a Scampia e un amaro nei peggiori bar di Caracas.
Una via crucis breve, con tanto di stazioni. L’esperienza mistica parte dalla metropolitana di Tuanjiehu e corre, con brivido annesso, fino a SanYuanQuiao. Si manifesta, generalmente, attraverso una compressione estrema per riuscire a salire sul treno, un parto naturale capovolto: spingi per entrare e da essere umano ti ritrovi, più che feto, sottiletta, perfettamente incastrata tra due fette di pancarrè fumante. Resti in equilibrio, fino a che la composizione del vagone non cambia. Al movimento di ogni singolo pendolare corrisponde una rottura delle relazioni diplomatiche e la ricerca di nuove alleanze e sostegni fisici. Arriva la tua fermata e vorresti fare il segno della croce. Ma spazio non ce n’è, allora “vabbè, come se l’avessi fatto”. Incastri il collo tra le spalle e parti, come un giocatore di rugby, puntando su tutta la forza bruta e l’agilità di cui sei capace. Se non sei abbastanza forte, non passi. Se non sei abbastanza rapido ti ritrovi le porte della metro richiuse in faccia (nel peggiore dei casi, un braccio chiuso tra le porte). Sei fuori e la prima parte è andata. Segui il flusso di persone in uscita, ti piazzi sulle scale mobili cercando di recuperare la lucidità, non sia mai un calo di attenzione! Prosegui a piedi, ma uno tsunami umano avanza verso di te. Ti illudi che passerà in fretta e aspetti, impalata, ma minuti dopo ti ritrovi ancora bloccata controcorrente. E allora niente, ti prepari alla modalità rugby e cominci a dare spallate a destra e manca con tutta la cattiveria agonistica di cui disponi. Esci finalmente dalla metro e arriva la parte migliore. Centinaia di personcine apparentemente per bene e simpatiche aspettano il 401 insieme a te. Tendenzialmente si mostrano benevoli, addirittura ti sorridono.
Tu sorridi a tua volta, ma sai che è tutta una tattica per distrarti: di lì a poco si trasformeranno in nani malefici in lotta per accaparrarsi una trentina di centimetri cubi dentro il bus. Il 401 è in arrivo, facciamo 100 metri. Gli amici, qui, si preparano ad uno scatto felino. E’ un attimo, un flash, e sono tutti dentro, a ‘mo di tetris. Tu, ovviamente, no. Allora ti prepari al secondo parto capovolto di giornata e spingi con tutta la forza che hai, felice, quando le porte si chiudono e tu sei dentro. Con la faccia sul vetro, ma sei dentro. Stremata, ma sei dentro. Ti è andata persino meglio del tizio appeso al palo centrale del mezzo, da fare invidia alle ballerine di lap dance. Solo sei fermate, pensi, e calcoli di essere a casa nella mezz’oretta successiva. Ma è la rush hour e hai fatto i conti senza l’oste. Mediamente una decina di minuti a “stazione”. Che per dieci stazioni fa sessanta. Che aggiunti ai quaranta intensi minuti di metro fa un’ora e quaranta. L’esperienza è da vivere rigorosamente a digiuno. Lo capisci quando, in uno slancio di follia, l’autista prende la rincorsa e, per tagliare una coda, sale sul marciapiedi regalando a tutti momenti di adrenalina quasi gratuita. Per quello che costa il biglietto, poi! La playlist del cellulare è ormai arrivata al terzo giro, della serie che non la sopporti più. Allora ti organizzi la serata e la giornata successiva, per ammazzare il tempo. Dopo un poco ti ritrovi a organizzarti pure il capodanno. Arrivi a Dashanzilukou Nan e ti scende quasi una lacrima. Non che tu abbia capito esattamente l’annuncio della fermata, ma distingui la “D” e questo ti salva. Casa. Sorridi, fino a che non realizzi che devi attraversare la strada. Ma quella è un’altra storia.12298024_10208586142597357_1533504235_o

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