Tuesday, September 22, 2015

Hello Hangzhou!

This week kicked off with a whirlwind of cultural events, having attended the private viewing of the Rain Room opening at Shanghai’s Yuz Museum along with a visit to Shanghai’s Acrobatic Circus. Both were equally impressive in their own right and made me realise just how lucky I am to be in such a cosmopolitan city with so much going on. I also made a visit to Hakassan, a Michelin starred Cantonese restaurant on the Bund which was the ideal location for dinner whilst looking out onto the Shanghai skyline.</p>
At work I have been busy interviewing various members of the Cultural and Education section of the British Embassy and this has allowed me to meet new people as well as find new lunch buddies! Aside from this I have been involved in a number of conference calls and have assisted with Communications announcements that have been sent out to the different China offices. I feel fully integrated within my team and am really enjoying getting involved with the daily work that goes into Corporate Communications.

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The week was shorter than usual as China celebrated Victory day on September 3rd with a large military parade held in Beijing. I took the opportunity to venture away from Shanghai for the long weekend and hopped on the bullet train to the picturesque city of Hangzhou about 1 hour south of Shanghai. The Chinese rail network is vast and even the stations themselves are impressive architecturally. I arrived in Hangzhou and was immediately hit by the fresher air-quality; the pollution in Shanghai can create smog that clouds over buildings.

Colloquially known as ‘The Venice of the East’, Hangzhou did not disappoint with the beautiful West Lake providing the perfect backdrop for photographs. I was lucky enough to take a private boat tour of the lake before heading up to the Grand Canal area which was beautifully lit up with colourful lights lining the pretty streets which were brimming with pottery workshops and traditional Chinese stalls.

I was very sad to wave Hangzhou goodbye but will be heading on a business trip to Beijing on Monday and can’t wait to explore more of China.

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Friday, September 18, 2015

44 passi in fila per sei (ore) col resto di due (maroni clamorosi).

Quando la fila cinese surclassa quella indiana.

Potremmo forse evitare di parlare del cinese che fa palestra a torso nudo?!

Ma anche sì, potremmo eccome. Ma il dovere di cronaca ci impone una rassegna di queste ed altre consuetudini cino-sudoripare.

Ebbene sì, ammettiamolo, i cinesi sudano, ma profumano. Ciononostante vedere la panca degli attrezzi con un alone da sacra sindone è qualcosa che ci risparmieremmo tutti volentieri. Il torso nudo – imago trasversale di virilità maschile – è molto in voga qui.

Schiere di accaldati individui “sudocratici” se ne vanno in giro lemmi lemmi col la maglietta alzata a metà, a mostrare l’ombelico lucido. Gli stessi individui, ancorché inumiditi dalle proprie epidermiche secrezioni, si posizionano presso le bocche dell’aria condizionata della metro, per suggere bramosamente l’artico alito.

Roba che se lo facessi io, il giorno dopo sarei un esperimento biologico per combinare torcicollo, congestione e broncopolmonite.

Una strana – e ancora non decrittata abitudine – è quella che vede gli autoctoni guidare il motorino con delle sorte di guantoni da forno che arrivano fino all’avambraccio e che rimangono attaccati alle manopole del motociclo anche quando è fermo. Ora, potrei capire la cosa d’inverno, ma d’estate si può a ragione congetturare che lì dentro avvengano processi di decomposizione biologica sconosciuti alla scienza. In effetti è inutile che gli astrobiologi cerchino microrganismi alieni nello spazio. Basta guardare dentro i guantoni da motorino ed eureka! I motociclisti dal guanto del dolce forno – che talvolta è abbinato ad una specie di grosso tovagliolo copri sterno -, indossano spesso anche un casco a protezione meno 10 con una visierona a specchio cangiante. In Europa non verrebbe omologato nemmeno per proteggere i pupazzi sulle macchine a pedali. Quando se ne corrono per la strada con queste bardature metallizzate tipo corazza medievale, sembra che arrivi Robocop.

La strada è l’elemento primigenio di confronto fra lo straniero e la cultura locale. Il secondo è l’ufficio. In entrambi i luoghi avvengono cose straordinarie, inimmaginabili per la nostra routine.

Entrambi i luoghi sono frequentati da molte donne. Spesso si possono anche ammirare notevoli creature aggirarsi per le contrade o gli atrii dei grattacieli. L’italiano è facilmente identificabile: come il girasole (in inglese “sunflower”) si orienta verso i raggi solari, l’italiano – di qualsiasi rango ed estrazione – abdica alla discrezione arrotandosi nel seguire il passaggio dei migliori esemplari del sesso opposto. L’immagine generale dell’atto è un movimento femmino-centrico, con sguardo basculante in modalità scannerizzazione, solitamente accompagnato da un’espressione del viso a significare “tanta roba”. Potremmo definirli/ci/ti/mi “feegflowers”!

Peccato che la poesia passi rapidamente. Basta un sorriso, una camminata, una parola.

Già perché non sempre alla beltade corrisponde un portamento all’altezza. Capita – invero di rado – che anche le fanciulle si cimentino nell’antica arte dello sputo. Capita invece più sovente di sentirle animatamente – e pubblicamente – digerire, miscelando l’ossigeno comune con l’alito dei draghi (si noti come molte pietanze locali siano a base di cipolla e aglio). Non di rado urlano: cioè, nella loro percezione evidentemente parlano, ma in quella di un umano che non debba portare l’apparecchio acustico, gli acuti sfiorano i 100 decibel.

La cosa più allarmante è quando un fiore asiatico apre la bocca a mostrare una dentatura sconnessa, spesso “giallo colesterolo”, a volte “nero tra due anni sei sdentata”. Alcune conservano gelosamente tracce delle passate libagioni negli interstizi dentali. La più parte tossisce, starnutisce o sbadiglia con una filosofia di comunione e condivisione con la comunità circostante.

Altro elemento particolare è vedere queste fanciulle che si proiettano su tacchi funambolici – e talvolta inappropriati – e che alternano un’andatura con passo a spazzaneve a quella con passo dinoccolato e piedi alle dieci e dieci, tipico del burino nostrano. ‘Azz’ che class’ cara fanciull’.

La cosa più sconcertante è il mistero delle gnocche zoppe: di tanto in tanto si vede qualche bella ragazza che vistosamente arranca con una gomma a terra..

Per chi come me alla stipata concentrazione umanoide della metro, preferisce camminare per andare in ufficio, la strada è un bacino inesauribile di immagini, occasioni, racconti. A tal punto che sono uso andarmene in giro con la fotocamera del cellulare accesa, pronta per immortalare le scene più strane.

Questa settimana però le stranezze le ho ammirate in montagna. Essendo la festa della liberazione dall’occupazione giapponese, c’era il ponte giovedì-venerdì-sabato. Salvo il fatto che poi si lavorava anche la domenica (logica cinese)!

Con alcuni amici si è deciso di andare a visitare le montagne gialle (che di giallo avevano solo gli impermeabili qualità sacco della spazzatura dei “millemila” cinesi per metro quadro). Sciagura a noi; mai decisione fu meno saggia.

Se ci sono le vacanze, ci sono i vacanzieri: e se i vacanzieri sono cinesi, i numeri diventano nell’ordine dei milioni.
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Ciò comporta che le meravigliose montagne gialle siano state prese d’assalto da orde di turisti.

La qual cosa ha comportato che gli hotel fossero vagamente straripanti. Con un po’ di classica fortuna del viaggiatore fai da te, l’ostello che avevamo prenotato non aveva più stanze – nonostante appunto, avessimo prenotato! -. Per agevolare la cosa l’oste parlava solo cinese.

Alla fine, con la gestualità italiana e qualche grugnito in simil-cinese, siamo riusciti ad usare il loro PC per prenotare un altro luogo: l’hotel (chiamiamolo così) del magico e indimenticato Mr. Hu. Un ometto basso e tozzo, con manine avide e sguardo da mercante d’assalto.

L’ho odiato e amato contemporaneamente. Se poteva fregarti, lo faceva (e l’ha fatto). Se poteva venderti qualcosa, ci provava. Un “fugnone” clamoroso, travestito da persona viscida e subdola. L’avrei portato a casa con me. Anzi, di più, avrei voluto essere ricco per farmi fregare ancora!

La mattina della “gita” – o meglio, della passione (nell’accezione cristiana del termine) – la sveglia era per le 5. Per arrivare in montagna presto si era detto. Certo, certo: “fidati” disse il proctologo, mostrando un divaricatore al paziente prono..

Un’ora di fila per il ticket dell’autobus che ci avrebbe portato alla seggiovia, un’ora di fila per prendere l’autobus, percorrenza tragitto, mezz’ora di fila per il ticket della seggiovia, un’ora e mezza di fila per prendere la seggiovia.

Alle 10.30 in vetta alla montagna: molto, molto vicino a quelle “madonne” invocate numerose volte durante l’attesa.

Arrivati in cima, a parte una breve parentesi di camminata umana, tutto il resto è stato folla. Quanto meno il clima era dalla nostra: nebbia e pioggia a intermittenza che metti/togli/metti/togli il maledetto poncio impermeabile con la flemma del “dai la cera – togli la cera” del Maestro Miyagi, ma lo “sclero” di Zed di “Scuola di Polizia”.

Poi il picco delle scimmie dove tocca redarguire il giovanotto tanto paffuto quanto acuto come un cane che tenta di passare per la decima volta dalla porta col bastone in bocca, tanto che la scimmia gli fa: <<ehhhh beato te, che non capisci un ca.. spita di niente>>. Il Commodoro dei furbi infatti, stava facendo incattivire le scimmie facendo l’aggressivo, proprio mentre le signorie nostre erano di fianco ai primati. Inutile dire che ha fatto incattivire più me (o la scimmia che c’è in me!). Stupefacente è il fatto che nonostante gli abbia parlato in un basso, animato e coloratissimo italiano da trattoria (per indicargli come, di fatto, i suoi comportamenti fossero appropriati solo ad indurre un moto rotatorio ad accelerazione costante degli gemelli geoidali propri della natura andro-fisiologica, tendente al punto di flessione massima) egli abbia compreso tutto in maniera letterale. Cosa può l’espressione umana..!

La verità è che mi rammarico di non sapere parlare cinese quel tanto da avergli potuto tradurre il mio più sentito “vorrei fossi intelligente per un minuto per farti rendere conto di quanto sei stupido”.

Tutto il resto della gita è stato un’immensa, infinita, sfibrante fila. Stipati per quattro ore su un sentiero di montagna, peggio che in metro. Non proprio una rilassante gita in mezzo alla natura.

Siccome arrivati alla funivia per scendere c’era ancora una bella ora di fila da fare, abbiamo pensato di affrontare la scalinata occidentale. 1300 gradini di sofferenza psicomotoria, resi scivolosi dalla pioggia (frase da leggersi alla maniera drammatica fantozziana).
Fosse solo quello! Essendo le sei di pomeriggio, il tramonto era imminente. La cosa ha quindi comportato il fare i tre quarti del tragitto con il famigerato “scurone”. Pur rischiando di lasciarci la giovinezza quel paio di volte, alla fine siamo arrivati a valle appena in tempo prendere, sfatti e doloranti e coi polpacci di Hulk, l’ultimo autobus.
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Siamo così tornati dal nostro caro Mr. Hu e alla meravigliosa stanza con bagno a vista (un bagno con finestrone da stanza dell’interrogatorio che dava sulla zona notte, schermato da una veneziana arrugginita), costruito per quelle coppie che amano aggiornarsi in diretta su tutti, ma proprio tutti gli avvenimenti della giornata.

Bravo architetto, tu sì che ne sai di privacy.

E niente,  poi tutto il resto è pullman e lavoro domenicale posseduti dalla stanchezza universale.

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Tuesday, September 15, 2015

Explorando China

Empezando a explorar nuevos rincones de China, mis primeras paradas fueron Suzhou, Hangzhou y Nanjing.

Las tres ciudades se sitúan a media, una y dos horas de Shanghai respectivamente en tren de alta velocidad, que alcanza los 300 km/h.

El primer paso es, lógicamente, comprar los tickets de tren. Si es la primera vez que los compras puedes hacerlo por internet, pero deberás ir a la estación para enseñar tu pasaporte e imprimirlos. Una vez los tienes funciona como el resto de estaciones de tren: enseñas tu ticket y pasaporte, pasas el control de seguridad, buscas tu andén y te montas cuando las puertas se abran.

Si pierdes el tren que no te de un ataque de pánico, puedes cambiar tu ticket de forma gratuita y coger el siguiente tren disponible con el mismo destino.

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En general la calidad del tren es buena; normalmente tienes 3 precios: primera clase –con precio más elevado y muchas comodidades-, clase turista –con precio razonable y asiento cómodo- y viaje sin asiento –con el precio más económico, puedes acceder al tren pero deberás hacer todo el trayecto de pie, a menos que seas espabilado y veas algún asiento que no se ha vendido. Para trayectos cortos te parecerá incluso más cómodo que coger el metro un lunes por la mañana.

Las tres ciudades, Suzhou, Hangzhou y Nanjing, poseen cada una su encanto particular; Suzhou –conocida como la Venecia de Oriente- con sus fantásticos jardines, canales y comerciales calles a lo largo del río; Hangzhou con su increíble lago del Oeste, sus templos y sus magníficas rutas de montaña que te recomiendo hagas en bicicleta. Nanjing, por su parte, ofrece el punto más cultural de las tres al ser antigua capital de China varios siglos atrás.  En mi opinión no te puedes perder el templo de Confucio y el Mausoleo de Sun Yat-sen. No os describo más, es mejor que lo veáis con vuestros propios ojos.

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En cuanto al alojamiento a la hora de viajar, tienes múltiples opciones: la opción más cómoda –y la más recomendable en mi opinión- es hotel. Si buscas bien por internet –para estos casos siempre vienen bien amistades chinas que te ayuden con el idioma- puedes encontrar hoteles con buena calidad por unos 100 RMB (unos 15€) la noche. Aquí he de hacer una advertencia para que no os pase lo que a mí; cuando reservéis online llamad por teléfono y aseguraos bien de que el hotel cuenta con licencia para extranjeros. Os evitaréis encontraros a las tantas con esta sorpresa y sin lugar donde pasar la noche.

Otras opciones interesantes son hostal –mucho más barato y donde conocerás a otros occidentales, lo cual da mucho juego- e incluso puedes probar alguna aplicación para encontrar alojamiento en casas de gente local. Puede sonar extraño pero la experiencia suele ser buena, gente muy amable, te dan de desayunar en abundancia y en general es bastante cómodo.

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En definitiva, viajar por China no es complicado. Estas tres ciudades son de lo más cercano a Shanghai que os vais a encontrar pero sin duda merecen la pena. Es la mejor opción para escaparse un fin de semana cuando estés saturado del estrés de la Shanghai, la contaminación y la gente.

¡Un saludo y hasta la próxima!

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Thursday, September 10, 2015

Adventure Week

So it’s time I tell everyone where I’ve been. After being out in the middle of China virtually off-grid for a week and a half, I’ve finally returned to Shenzhen with Wifi and stories to tell. So here’s a (brief) re-cap of my adventure week.

First, an explanation. Although I’m in China for an internship, I had the fortunate luck to get two weeks off of (in-office) work. See, my boss recently took an unplanned but fairly necessary business trip to America for 2 weeks, meaning that coming into the office was optional as long as our work still got done. My co-worker and I took this opportunity to explore China.

Day 1- Sunday at 8 am embark on a 38 hour (not bullet) train from Shenzhen to Chengdu. No joke, this train was literally 38 hours -almost 2 full days- of sharing a room with a Chinese family, staring out the window to the Chinese countryside, and having the top bunk (of 3) in the hard sleeper room. Traveling nearly 1,200 miles (2,000 km) we ventured from oceanside to the middle of China to start our adventure.

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Day 2- Still on the train! At least until 11 pm. We arrive, find our hostel (with difficulty), some Wifi, and sleep! A bit of advice- ALWAYS know the name and address of your hostel in Chinese. Cannot stress this enough and learned this the hard way at every new city we went to.

Day 3- Awake at 7 am to take bullet train to Leshan. Arrive in Leshan by 8 am, to have a whole day in the city. Saw the famous Leshan Buddha, aka the largest outdoor Buddha in the world. My entire body- 5 ft 6 in height- barely reached his toenail! We then continued the day exploring the numerous temples on the island, some filled with Buddhist monks conducting prayers, others completely abandoned and claimed by nature.  We explored the parks of Leshan city and ended the day with a bullet train back to Chengdu by 10 pm.

Day 4- Arise again at 7 to leave Chengdu and hop onto a 13 hour bus to Jiuzhaguo. Disaster strikes in the morning as I leave my phone in the taxi in Chengdu in the morning before leaving. Alas, my communication with others, my pictures (including hostels details for our whole trip) and Pleco (English to Chinese translator) all gone. But the beautiful scenery along the way starts to makes up for it. A narrow, mostly unpaved road running along a clear blue river (and I mean clear) surrounded with large green mountains. Along the way we see Tibetan people (who look exactly like the pictures) and small houses with solar panels. Not to mention, as we got farther the weather got colder, cold enough to buy a Chinese North Face jacket that proved very useful. A crazy arrival story that will need a post of its own leaves us in bed by 11 in a Tibetan home turned hostel in Juizhaguo.

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Day 5- Our Tibetan host, a mother named Zhou Ma cooks us a breakfast, gives us a packed lunch and a ride into one of China’s most beautiful (and expensive) national parks. Pictures and words cannot do this place justice, but all the trouble for this journey was certainly worth it. Seeing water here has redefined the word “blue” and “crystal clear” (and I’m from a Cali beach town). 100 km of land to explore makes it no ordinary day!

Day 6- We leave Zhou Ma’s in the morning only to create another crazy story as we catch our slightly shorter 9 hour bus back to Chengdu. After the bus, we arrive early enough to explore the city of Chengdu, but not early enough to catch a famous Chengdu Teahouse before closing. However, one must note that Chengdu is surprisingly urban and its reputation for spice is no lie. The city itself literally smells spicy, even when walking in its people’s park.

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Day 7- We start this day with a trip to Chengdu’s Research Base of Giant Pandas Breeding, aka- the best place to see pandas in China. Side Note- this is where China does the majority of its research and breeding to keep the panda population going. Let me just say that watching a panda live its life is the best comedy show I’ve ever seen, no subtitles needed. Everything they do (eat, sit, play, sleep, and scratch their butts) is hilarious and makes you wonder how they ever got by as a species. End the day by embarking on a 25 hours bullet train to Guilin (only a day and an hour!).

Day 8- Wake up on the top bunk of a train again to find our train has been delayed for 6 hours because of the military. Scratch that 26 hours train and change to 31 hours. Arrive in Guilin for sleep and Wifi.

 

Day 9- A trip to the Dragon Bone Rice Terraces in the morning was spectacular (and incredibly hot). I like rice, but never have I loved it this much. Regretfully leave the Rice Terraces to pack up in Guilin and venture to our last destination, Yangshao.

Day 10 – Somehow we managed to save the best for last. We start the day with rock climbing outdoors on one of Yangshao’s famous spires, go cycling through the city and countryside by the afternoon, and end with a steep hike up Moon Hill (just Google it) to end up at its peak with a 360 view of the city and country side. Wow. The whole day just had spires and spires as far as the eye can see. Even in the touristy main street (aka- West Street) filled with bars and shops at night, you just have to look up to see many spires, partially lit up in a distance not even 1 km away.

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Day 11- Last day! Exhausted, we wake up the latest the whole trip 8 am to head onto the Li river for a bamboo boat cruise to see the famed scenery of the region, the very same on the back of the 20 yuannote. Then its hostel in Yangshao -> bus to Guilin -> bullet train to Shenzhen -> metro to finally arrive home!

What an adventure it’s been, but now, sleep.

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Nihao from Shanghai!

I cannot quite believe my first week in Shanghai has come to an end so quickly! After a long flight from Heathrow, I was incredibly relieved to be greeted by the CRCC team waving their white flags on my arrival in Shanghai. Induction and the Welcome Banquet followed the next day and this was my first chance to sample some traditional Chinese delicacies including duck’s head and turtle. Having tried both I can safely say that my favourite Chinese dinner remains unchanged and beef in black bean sauce will always be my first choice off the menu!

Monday was the first day of my placement at the Cultural and Education Section of the British Consulate-General (British Council in China) where I am working in the Corporate Communications department. My office is located in the Diplomatic district of Shanghai and has a beautiful water feature outside the building in addition to being situated near all the other international embassies. I was welcomed by the staff in the Shanghai office and have settled in quickly within the Marketing and Communications team. My work this week started with inductions with the various Special Business Units within the office so that I could gain a better understanding of the work the British Council does.

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The main task I will be working on during my placement is the British Council’s “Our Story” project and this will involve both internal and external communications as well as the opportunity to meet with various members of the office. In addition to this, I help proofread and amend the weekly newsletter to be circulated around all of the China offices.

 
Having a background in Anthropology, my role has been particularly engaging as I have been able to draw on my analytical skills as well as my communication skills whilst gaining a better insight into Chinese culture. I have embraced the challenge of learning Mandarin as I have found that getting around the city is a lot more difficult than I expected due to so few people speaking English. With this in mind I have made it my goal to at least be able to order food, drinks and taxis in Mandarin during my time here.

 
Living in China has been somewhat daunting, but I have been adjusting well and doing my best to navigate around the bustling Shanghai metro. My first weekend was spent exploring the impressive skyscrapers on The Bund as well as the beautiful Tianzinfang area and Xintiandi markets.

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The lows of my first week included losing a shoe after being pushed off a metro carriage! Despite this, I am really starting to find my feet in Shanghai and enjoying all that this beautiful country has to offer me. I look forward to the rest of my adventures here!

 

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Tuesday, September 8, 2015

Semana 3: Beijing

Tras darme cuenta de que más de la mitad de mi estancia en Beijing había pasado, el fin de semana me dediqué a tachar de la lista de “lugares que visitar” el mayor número posible de sitios.

Uno de los lugares que visité fue el Templo de Lama; un templo budista situado al norte de la ciudad. Además de sus increíbles edificios y obras de arte, el incienso y la gente rezando lo hacían aún más impresionante. Una vez visitado el templo, caminé apenas cinco minutos para entrar en otro, el Templo de Confucio. Este templo es el segundo más grande del país entre los dedicados a Confucio. Si bien es cierto que no cuenta con impresionantes Budas como el anterior; es, sin embargo, un interesante acercamiento a la cultura China, en la cual Confucio y sus enseñanzas ocupan un destacado lugar.

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Una vez vistos los dos templos, disfruté de un paseo por varios hutongs antes de dirigirme a las Torres del Tambor y de la Campana..

En la entrada anterior comenté que había visitado el hutong de Nanluoguxiang, y lo mucho que me había llamado la atención el contraste del mismo con la zona más nueva de la ciudad. En este caso, disfruté aún más de los hutongs, ya que no había la cantidad de turistas, tiendas, restaurantes y bares que sí encontré en Nanluoguxiang.

Tras pasear por varios hutongs. Me dirigí hacia las Torres del Tambor y de la Campana. En este caso, a diferencia de los templos, me limité a verlos desde fuera. Situadas una frente a la otra, ambas cuentan con mucha historia. La Torre del Tambor cuenta con una veintena de tambores que se utilizaban para marcar las horas del día. En el caso de la Torre de la Campana, en su interior se encuentra la campana más grande de Beijing, con más de 7 metros de altura, la cual anunciaba la llegada de las siete de la tarde hasta el año 1924.

Otro de los lugares que conseguí tachar de la lista fue Shichahai; una agradable zona al norte del centro de Pekín, compuesta por tres lagos: Houhai, Beihai y Xihai.

Lagos Beijing CRCC Asia blog

El lago Beihai, se encuentra dentro del parque al que da nombre, y es el lugar perfecto para descansar del tráfico y las aglomeraciones de la ciudad. Dentro del mismo, se encuentran algunos templos budistas, como es el caso del Templo Yong’an y el Templo Chanfu. A su vez, en la isla central del lago se erige la dagoba blanca, construida en 1651 con motivo de la visita del Dalai Lama a Beijing.

El lunes comenzó la última semana de trabajo, es increíble lo rápido que pasa el tiempo cuando estás viviendo y disfrutando de retos y vivencias tan distintas a las que uno está acostumbrado.

El miércoles un compañero de trabajo sugirió que fuéramos después de trabajar a un restaurante mexicano en el cual cada miércoles tiene lugar un quiz entre equipos. El restaurante se encuentra en Sanlitun, y la verdad es que nos lo pasamos muy bien, aunque, siendo sinceros, no quedamos en muy buena posición.

CRCC Asia Pablo prácticas China

El viernes, fue el último día de trabajo, y ahí es cuando eres realmente consciente de que esta experiencia ha llegado a su fin con las primeras despedidas en la oficina. El último fin de semana me dediqué a aprovechar los últimos días para ver lo máximo de la ciudad, y a disfrutar de cenas, salidas nocturnas y demás con la gente maravillosa que he tenido la oportunidad de conocer.

No quisiera terminar esta última entrada sin agradecer a CRCC Asia por esta maravillosa oportunidad que he vivido gracias a la beca que me concedieron: y, recomendar a todo aquel que se esté planteando el llevar a cabo esta aventura, que no lo dude y la viva por sí mismo/a; que, sin duda, es una experiencia inolvidable tanto a nivel personal como profesional.

Zâi jiàn!

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Thursday, September 3, 2015

Work Hard, Play Hard: Shenzhen Edition

How have I already been in Shenzhen for over a month? To think that I have already reached and surpassed the halfway stage of my summer internship in China is pretty crazy.  For me now the daily 9-6.30 work hours, getting around about the city on public transport, making conversations with street vendors and shop keepers with the little Mandarin I know have just become second nature. It’s gone to an extent that the locals just assume that I’m one of them, (add to the fact that I’m Asian) and talk to me in quick, fluent Mandarin!

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Daily life in Shenzhen has been pretty dandy. At work, I’ve moved on from doing the site analysis graphics to tackling the renderings of the proposal’s design concepts. This meant that I had to quickly learn how to use Rhino (a software capable of 3D modeling), alongside brushing up on my good old Photoshop skills. Currently I’m working on completing a technical section diagram of one of their large-scale multistory office building in Guangzhou. The project is currently being constructed and it is truly amazing seeing the plans and section diagrams in 2D being translated to something so physical and tangible. Work relationships in the office have also been fulfilling and I have really come to learn a lot about business culture here in China. Last week a small group of work colleagues went to Zhuzilin ‘Urban Village’ area for some Sichuan Hot Pot – a new, unconquered dish for me thus far. Amongst spicy soup and an array of delicious side dishes, the evening was a perfect opportunity to talk to my colleagues in more depth about working in an architecture firm in Shenzhen and also about the profession itself. One thing that I’ve definitely found quite amusing about work life in China is their importance of nap times.  Come around 1.30pm everyday, you’ll be sure to find a couple of heads knocked out flat and laid out on the tables. I’ve even heard that some offices offer beds just for the event! Now, if only I could take back this ideology back to the UK and make it an integral part of the office…

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Outside of work, as a modern metropolis Shenzhen has plenty of venues and events to keep you entertained throughout the week. Seaworld in Shekou is the perfect hotspot for evenings after work if you’re wanting a place to just chill and sit back over food and/or drinks. We’ve even come to accumulate a few favourite venues such as The Tavern in Seaworld – a sports bar we frequented to watch some football and to gorge on their killer nachos – and a local Chinese restaurant just beside our apartment which serve the absolute best iced lemon tea. The KTV Night (or karaoke) organized by CRCC Asia in week 4 where we all jammed to Hip Hop, R&B and Pop tunes has to be one of the highlights of the experience so far. Definitely an event not to be missed by future CRCC Asia interns.

SRD

Weekends here in Shenzhen have ranged from exploring new areas around the city, shopping, trying out new dishes, visiting temples, climbing mountains – there’s so much to do! Last weekend we took the new interns out to Shenzhen’s very own amusement park, Happy Valley, which was a blast. With five major rollercoasters, a water park and plenty more rides to satisfy the adrenaline junkie in me, we all had a fantastic time at Happy Valley. I would definitely recommend getting a fast track ticket for 100RMB extra as the theme park becomes packed especially on the weekends.

With two more weeks left in Shenzhen, I am now on a mission to finish my list of things to do and see in the city. Wish me luck!

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Le voci di Shanghai. Passeggiando fra i rumori sparsi nella città

 

La domenica è il giorno del riposo.

Ma non in Cina! Questa domenica, ad esempio, ho avuto la meravigliosa opportunità di essere gentilmente ridestato dal dolce suono di un martello pneumatico. Il fato ha deciso che fosse l’ora di sistemare la strada proprio sotto la mia finestra.

Ma ci dev’essere un oscuro ed arcano disegno divino che mi sfugge.  Gli operai si devono essere messi d’accordo con l’inquilino del piano di sopra, che domenica scorsa, alzatosi di buon umore, ha deciso che era giunto il momento di provare il trapano Black & Decker, bucherellando qua e là la stanza esattamente sopra la mia camera da letto. Ininterrottamente per due ore: che Dio l’abbia in gloria.. Forse che cercasse il petrolio?!

Di sicuro ha trovato una selva di nuovi insulti e maledizioni – per lui e sette generazioni a venire -, nelle quali ho applicato tutta la mia assonnata fantasia, condita da un’esperienziale gamma di frasi dialettali. Non esattamente traducibili e ancor meno riportabili.

La domenica è anche il giorno dei ritmi in slow motion e dell’appannaggio cerebrale. Il caffè – da buon provinciale ho portato meco la moka (che fa cacofonia, ma rende bene l’idea)- è un rituale indispensabile: lo bevo in piedi, assorto a guardare 5 vecchietti felici che puntualmente fanno ginnastica nel cortile prospiciente la finestra della mia cucina. E mi mettono sempre di buon umore.

Solitamente, nel giorno del sole, non si può sfuggire ad incombenti quali il bucato, il riordino o i piatti da lavare. Piatti che puntualmente dimentico nel lavandino (per la gioia dei coinquilini che mi sopportano) e con i quali si possono contare i giorni della settimana, come con la stratificazione delle ere geologiche. E meno male che le donne delle pulizie ci “lavano” il bagno ..sebbene con criteri discutibili: in effetti la prima settimana abbiamo dato una pulita alla “fuliggine” sulle piastrelle. Mi sono divertito a lasciare dei quadratini “com’era – com’è” per i posteri, proprio come hanno fatto i restauratori della Cappella Sistina.

L’ampio e bell’appartamento di cui disponiamo, è anche dotato di una futuristica lavatrice modello “Mao era ancora vivo”, che in casa amiamo chiamare “l’astronave”, per il delicato suono di turbina a reazione che accompagna il suo igienico moto. Ella (e non essa, poiché è dotata di anima e volontà proprie), possiede inoltre la capacità di essere imputabile per il reato di stalking: quando un lavaggio è finito, ogni, dico ogni, santo minuto che il Signore abbia fatto su questa terra, si sente una psicopatica musichetta da pianola elettronica, che ci avvisa che il viaggio interstellare è compiuto. E va avanti le mezz’ore.

Confesso di aver talvolta anelato di possedere un martello da cantiere, per sfondarla e distruggere sino all’ultimo chip che governa la suoneria. Il tutto però, sempre in maniera molto Bonzo tibetano.

Il fattore suono, accomuna molta strumentistica presente in casa. C’è forno a microonde, che emette un vago ronzio di sciami d’api che combattono con sciami di vespe, mentre sciami di mosche assistono alla scena, proprio durante il passaggio di sciami di calabroni. Insomma una sensazione tendente al vibrante. Ed ho anche il vago sospetto che emetta radiazioni nucleari, perché il cibo che esce da lì rimane caldo fino al giorno del giudizio. Ovviamente anche il microonde parte con la sua musichetta quando ha terminato il concerto di didgeridoo e continua la persecuzione sonora finché non lo si apre.

Poi c’è il condizionatore, che canta con un drammatico registro basso profondo, dando voce alle anime del purgatorio nell’eco di un hangar militare. E infine la pentola posseduta, che messa sul fornello, inizia a stridere, urlare, dimenarsi, borbottare, per poi incazzarsi di brutto quando l’acqua bolle. Il solo avvicinarsi comporta ustioni di secondo grado sul 33% del corpo (dati ufficiali dell’Istituto Nazionale Cinese per lo Studio di Pentole da Esorcizzare).

C’è anche da dire che il fornello ha la stessa potenza di fuoco della bocca dell’inferno e un consumo di gas giornaliero pari a quello dell’intera Basilicata durante tutto l’inverno.

I suoni strani accompagnano invero un po’ tutta la quotidianità della vita cinese. Ci sono musichette elettro-psico-sataniche dappertutto: nelle macchine, nei cellulari, nei cantieri, in metro, per strada, negli ascensori.

Gli ascensori sono qualcosa di particolare in effetti. Al loro interno non si può trovare il numero 4. Non esiste il quarto piano, il quattordicesimo, il ventiquattresimo e così via. Perché porta sfiga. La pronuncia cinese del numero quattro è foneticamente assonante alla parola morte, quindi, essendo loro ancora più superstiziosi di noi, hanno bandito il numero da ogni dove. Il calcolo dei piani è poi paradigmatico di come funzioni la logica cinese: non esiste piano terra, si parte dal primo piano. Il quarto, come detto, non esiste e in più si contano anche i mezzi piani. Quindi, ad esempio, con l’ufficio sto al sesto piano per l’ascensore, ma al terzo per la realtà.

La cosa viene percepita in maniera chiara facendo le scale: un altro mondo.

L’ascensore solitamente è un concentrato di fasto pacchian-barocco e tecnostentazione. Passata invece la soglia delle scale, si entra in una dimensione di fatiscenza e trasandatezza, buio, sporcizia e dubbi odori. Percorrendole per scendere dall’ufficio, potrebbe infatti capitare di trovare, nell’oscurità di un pianerottolo, un tizio completamente steso a terra, su dei cartoni, che dorme russando (true story!). Con cautela l’ho scavalcato, lasciandolo fra le braccia di Morfeo e portandomi nel cuore quella meravigliosa visione.Riva 03092

Qui si dorme ovunque. E quando dico ovunque, intendo veramente in ogni luogo. Il sonno è visto come il riposo dei giusti. Se dormi, vuol dire che sei stanco perché hai lavorato tanto. Quindi si vede gente che dorme in ufficio, in metrò, per strada, in macchina. Una volta ho trovato uno che si è fermato ad un semaforo, ha spento la macchina e si è messo a dormire coi piedi fuori dal finestrino.

Tanta stima.

L’immagine della quiete. Con ovviamente dietro tutti quanti che suonavano il clacson. Ecco un altro suono che accompagna Shanghai. Forse proprio la sua voce. Per strada è il suono preponderante, che fa invece il paio col silenzio assoluto dei motorini elettrici. Mezzi guidati da psicopatici che tentano in ogni modo di investirti. Vanno contromano, sui marciapiedi, passano col rosso, attraversano sulle strisce. Tutto in motorino. Tutto suonando il clacson: tanto è gratis!

Chi invece va in bici usa il clacson vocale, emettendo suoni simili alla tradizione bovara italiana, quando il fattore doveva arrestare il biroccio. La maggior parte poi è fan di Lucio Battisti e sperimenta com’è “guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire” (capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni). Che io invece li chiamo disgraziati.

Altro rumore immancabile per strada è quello degli scaracchi, che segue uno schema tipico: tirare su dalla gola o dal naso con tipico raschio, rispettivamente, in tonalità acuto-amplificata o sordo-baritonale. Pausa, pausa, suspense. E poi giù una bella scatarrata. E non di rado capita che qualcuno venga preso dalla traiettoria balistica del denso umore bronchiale.

Ma in tre mesi si affina l’orecchio, come facevano i soldati al fronte. E dal fischio che fa la bomba si riesce a capire dove cadrà!

L’orecchio fino ormai fa distinguere anche il raschio dal ben più gioioso risucchio, che è il suono che immancabilmente si fa mangiando i noodles con le bacchette. Qui infatti bisogna dimenticarsi il galateo. È impossibile mangiarli senza aiutarsi col risucchio. In effetti prendere il cibo con le bacchette (anche cibo come il riso) può sembrare sciocco, o almeno poco funzionale rispetto alle nostre posate. Ma se ci si pensa, è la maniera più intelligente che l’uomo antico aveva per prendere il cibo senza toccarlo, usando una sola mano. Questo può far capire quanto sia antica e forte questa tradizione, che evidentemente affonda le sue origini in un tempo in cui non si poteva forgiare posate col metallo e farle in legno era poco pratico e ancor meno efficiente. Noi oggi vediamo la cosa con un po’ di spocchia dall’alto delle nostre forchette, ma ci dimentichiamo che prima del sei/settecento, non usavamo né le bacchette, né le posate, bensì direttamente le mani.

Così, infine, dopo la domenica da bella lavanderina assonnata, arriva inesorabile il lunedì e con lui la sveglia. Vorrei costruire la macchina del tempo per cercare chi l’ha inventata e scoraggiarlo dal donare all’uomo un oggetto così potente, che nelle mani sbagliate può essere molto pericoloso.

Ridestandomi come Dracula che si erge rigido e braccia conserte dalla bara e con l’elasticità cognitiva del mostro di Frenkenstein, ho affrontato il risveglio con u po’ più di brio, per l’arrivo dei nuovi intern. Un inglese e un italiano. Il primo è portatore sano di scarpa classica con punta quadrata (che in un paese civile dovrebbe essere illegale), ma è anche l’unico che capisce il mio umorismo pavese – più inglese di quello inglese -. Il secondo è meraviglisamente simpatico e affabile …ma ne parlo bene solo perché so che mi legge!!!

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Wednesday, September 2, 2015

ARRIVEDERCI CINA!

Ed eccomi al mio ultimo post. Sono ormai passati alcuni giorni da quando sono tornata in terra italiana dopo il mio mese di stage a Shenzhen. E’ una strana sensazione. Mi mancavano il mio piccolo paese di provincia, la solita routine quotidiana a cui ero abituata da anni, la famiglia e gli amici . E da un certo punto di vista sono sollevata di aver lasciato quel caldo umido e sfiancante, quel genere di temperature che poi torni in Italia e ti riprometti che mai più ti lamenterai dell’afa estiva, della nebbia padana autunnale o del freddo invernale perché tutto è meglio di quello. Di quel caldo che sai che anche se stai in casa a cercare di renderti presentabile per il lavoro o per uscire, dopo qualche settimana capisci che chissenefrega, tanto metti un piede fuori casa che i capelli ti si increspano e sei fradicia di sudore. Però poi in ufficio ti serve il cappotto per reggere i 15° di media perenni dell’aria condizionata.

Lascio una vita da pendolare, fatta di metro intasate che tu entri e  ti viene subito voglia di gettarti fuori dalla porta, ma il pensiero se ne va anche perché più di un mignolo non riesci a muoverlo. Scendi sollevata di riuscire finalmente a muoverti di nuovo e ti ricordi mestamente che per arrivare a lavoro ti aspettano altri 20 minuti di autobus. E se la metro sembra una sfida, non è niente in confronto a questo. Praticamente Shenzhen ha una cosa come 100 linee di autobus tutte diverse che sfrecciano nel traffico, strombazzando incuranti delle altre vetture incolonnate come loro nel traffico. E invece tu sei lì che aspetti alla fermata e ormai ti stai liquefacendo sotto il sole cocente, una degli sfortunati prescelti all’incubo del bus vagante. E ti rendi conto che non capisci una mazza (la traduzione delle fermate in inglese non è concepita nei bus cinesi, tutte le indicazioni vengono segnalate rigorosamente in caratteri) e cominci a rimpiangere lo stipamento della metro. E lascio il caos della grande metropoli: un misto di gente ovunque, brusio assordante (perché i cinesi quando comunicano non parlano, urlano) e strombazzamenti di auto. Neanche Venezia in estate mi ha mai messo tutto quel disagio in corpo. Che poi tu pensi che chissà quanta gente conoscerai con 15 milioni di persone, ma poi provi a chiedere un’informazione in inglese e questi ti guardano come se stessi parlando in swahili..

Insomma, di stranezze ne ho viste parecchie in Cina.

Ma non dimenticherò la gentilezza di questo popolo: perché davvero, ti basta stare fermo con una cartina in mano per farti raggiungere da 10-15 cinesi in vena di aiutarti a ritrovare la strada perduta (anche se non comprendono una parola di quello che dici). Non dimenticherò il cibo, che era buonissimo e non costava niente; il verde e la pace delle montagne che circondavano la frenesia cittadina; lo shopping pazzo fatto con le amiche dimenticandosi dei kg contati della valigia. E soprattutto le persone meravigliose conosciute in questo viaggio magico, che non dimenticherò mai e che rimarrà sempre nella mia mente come il viaggio della vita.

 

Bye-bye Cina, speriamo di rivederci presto!

Uderzo natura

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