Monday, August 31, 2015

Nuances of China

Today’s blog is a compilation of the little nuances that you will find in China. These are things that I’ve only seen happen in China, and they help to remind the foreigner that indeed, he/she is in a different country. These quirks fall into one of three categories: Cute, Surprising, and You Decide.

Cute

Elaborate Hair on Little Girls –  Here, you will often find little girls with many unique hair styles. May it be 3 ponytails into a braid, or a ponytail flipped and connected into another braid, or anything else you could imagine.

Old Ladies Dancing in Parks – Every night after dinner (ends at 10 pm), if you venture into a park or any open space in the city, you will see a bunch of ladies dancing in sync. To me, their dance seems like a mix of Tai Chi and Zumba, and how they all know the dance well enough to be so synchronized is beyond me. It looks like so much fun, I’ve contemplated joining in several times!

Old Men Gambling in Parks– Next to the old women dancing the parks you see groups of men gathered around a table gambling on same games. In Shenzhen, I’ve seen only two games being played. It’s either Chinese chess, which has large circular wooden pieces or a card game so complicated that even a Chinese man couldn’t explain it to me. These games are taken seriously as there is almost always money on the line, and to reflect this, serious players slap their pieces down shouting as they do to signal their turn.

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Surprising

Spitting – I’ve noticed that they spit all the time here, with little regard to where their spit is going. I once was standing on a bus close to the trash can, where every five minutes a man would spit into the trash can, sometimes making…sometimes not.

Bathrooms-Bathrooms in China get the job done is a different way. Here’s a list of all the differences just in the bathroom.
o Squatting Toilets: In most places, they are actually nice and very clean. However, it’s once you venture to public places such as metro stops or a train bathroom, that they become annoying to use. For me, the most annoying thing is that their design makes it easy for the floor to be always wet, either from your pee missing the park, or the flush splashing too much. Most likely, it’s a mix of both.
o Toilet Paper: In China, this is not seen as much of a need as it is in the West. In properrestrooms, usually there will be only toilet paper roll outside the stalls, so that you getyour paper before you enter (something I constantly forget). But more often than not,the toilet paper roll is empty meaning you are usually out of luck.
o Soap: Hand-washing too, is something that is skimped here. To some, it’s not seen as
important and is skipped all together. To others, it seems like the belief is that just alittle bit of water is all you need. Thus, most restrooms have no soap.

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You Decide

Babies Pants-You will often find babies in China not wearing diapers. Instead, they will don these pants that have a giant hole in the butt area, making it easy for babies to do their business in a quick fashion. The result is a parade of babies’ butts when they are around, but be warned.The price is that they might do their business, poop or pee, wherever in public their parents might see fit.

Pictures- If you are a foreigner, you are going to be asked to have your picture taken. This is especially true if you are blond, white skinned and/or tall. There are many theories as to why this happens, but no real reason is known (to me at least). Sometimes, the step down from this is just a lot of stares, or stealth pictures (where your picture is taken without asking).

 

 

China’s quirks are a part of the Chinese lifestyle and culture. It has been interesting discerning these differences and features that are unique to the Chinese culture. It makes me wonder what quirks foreigners find interesting when visiting the United States!

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Wednesday, August 26, 2015

Supercalifragilistichespiralicina. Gli accessi alle dimensioni parallele

Due mesi. Due mesi di Cina.

Due mesi difficili, pieni di intoppi, problemucci, qualche sfiga e tanti, tanti nuovi capelli bianchi. Ma la Cina è anche questo. E sarebbe un grave errore prendere questo periodo difficile come un qualcosa di negativo. Anzi. La Cina è stata la migliore scuola di “problem solving” che potessi fare. Questo paese, questa città, con tutte le sue differenze culturali e di stile di vita, mette veramente alla prova.
Ma regala anche scene indimenticabili e situazioni al limite del surreale. Non è solo un posto diverso, con differenti costumi. È piuttosto un luogo “lontano”. Lontano dal nostro modo di pensare, di vivere le cose, di vedere il mondo. Un luogo lontano da ciò che pensiamo di conoscere. E tra le cose ce regala, ci sono alcune chicche che rimangono tatuate nei ricordi di viaggio.

Ad esempio come non narrare del complesso atteggiamento comportamentale del tassista shanghaiano, degno di studi antropologici. Il taxi è uno dei mezzi di locomozione prediletti dall’abitante del loco, ivi compreso l’expat. Fermarne uno non è sempre semplice: talvolta, anche se ha la luce verde accesa, non si ferma. Semplicemente non gli va!
Se si ferma, prima di salire bisogna verificare che il tassista conosca l’indirizzo, rigorosamente in caratteri cinesi. In effetti a Shanghai c’è un sistema intelligente di doppio nome delle strade, in cinese e in inglese. Esiste un complesso rituale comportamentale fatto di canoni e parti ben distinte: l’expat – che non sa una parola di cinese nonostante tenti di bofonchiare suoni incomprensibili – si insinua circospetto nel taxi, passando dal finestrino anteriore o aprendo la portiera. Occhioni da cerbiatta impaurita e pieni di suspense, porge al tassinaro un biglietto da visita o lo schermo del cellulare con l’indirizzo cinese (al quale di solito è allegata una piccola mappa disegnata). L’autista, guardando l’interlocutore con stizza, esegue, nell’ordine, le seguenti operazioni: prendesi biglietto/cellulare – col  fare “dammi qua che tu non ci capisci una fava” – allontanarsi dalla faccia con gesto plateale, strizzarsi gli occhi come chiaro segno di padronanza suprema della diottria, riavvicinarsi biglietto/cellulare agli occhi per palesi problemi di lettura, interpretarsi, interrogarsi nell’intimo.
Se fa cenno col capo tipo “l’uomo del monte ha detto sì”, significa che conosce – a spanne – la destinazione. Se no inizia a scuotere il capo, ad alzare le mani facendo quello che in Italia è il gesto per il ciao (che qui significa no/non lo so/non ne ho/) e ti caccia letteralmente via. Potrebbe usare un navigatore satellitare – ci si potrebbe chiedere -. …e ce lo si continua a chiedere, perché sì, ce l’ha di fianco, ma non lo usa! Il motivo rimane un arcano mistero che solo i posteri sapranno dipanare.
Ma in effetti, chapeau per la memoria. Perché conoscere tutte o quasi le strade di una città di 22/25 milioni abitanti (a seconda delle cerchie), non è cosa da poco. Se ti ha accettato, entri in una dimensione parallela. Il Taxi ha una forma esterna piuttosto tendente al brutto. È una Volkswagen Santana (un’auto tedesca, in Cina, con un nome messicano!), ma sembra una Fiat Duna degli ’80 alla quale hanno smussato gli angoli. Ne esistono di diversi colori: dal bluette cielo che qui non vedrai mai, al verdino bambino posseduto. Dentro si apre uno scenario bizzarro: l’autista sta in un bozzolo di plexiglass che lo dovrebbe proteggere …ma è aperto! L’accomodamento è spartano, ma dietro al sedile del passeggero anteriore, c’è integrato nel poggia testa un futuristico schermo touch screen, dal quale provengono pubblicità di prodotti francamente opinabili, spot di programmi tv e avvisi vari. Si può anche ricaricare il cellulare con la presa USB o scaricare app con il QR-code (una sorta di codice da scannerizzare). Questa alta tecnologia cozza però con tutto il resto. E rappresenta appieno la Cina. Come mero esempio ci sono le cinture di sicurezza, ma non c’è l’aggancio per fissarle..
riva Taxi
Si possono ascoltare tre tipi di suoni in un taxi: monologo in radio (e per quanto affascinante, la lingua del dragone è invero poco sexy), radio (con melodie per noi difficili da apprezzare) e suoni. Suoni del tipo voci semimetalliche che ripetono all’infinito la stessa frase. Oppure fischi elettronici come quelli dei vecchi modem 56 k, che entrano nel cervello, distruggono un paio di sinapsi qua e là e inducono alla strage di massa.
La cosa curiosa è che si possono spegnere (cosa scoperta invitando “cortesemente” a gesti il malcapitato tassinaro a eliminarne la fonte) ..ma loro li tengono accesi per le mezz’ore. Il tratto somatico dell’autista può essere disparato: da Jack quattro dita a Jimmy lo sfregiato, sino al simil-seminarista, secco secco e occhialuto con giacca nera e guanto bianco in modalità giorno di ordinaria follia, dal quale ti aspetti che estragga una calibro 9 con silenziatore.

Sebbene da un lato la Cina sia composta da persone oneste e il furto sia considerato aberrante, c’è però una diversa percezione per la fregatura allo straniero. Per cui i tassisti tendono a fare pagare il prezzo pieno anche se sbagliano strada (il che, andando a memoria, accade sovente) e spesso ti mollano non nel posto che avevi indicato, ma in un punto vicino dove sanno che c’è più gente e devono fare meno strada per trovare un altro cliente.
Divertente e frustrante allo stesso momento, è discutere in inglese con un cinese che non lo parla, quando ci si accorge della fregatura. Personalmente finisco per parlargli in italiano chiamandolo Giuseppe (tanto non capisce uguale e io mi sento appagato da una ritrovata padronanza dello slang).
Ultimo meraviglioso dettaglio in questo dipinto del taxi shanghaiano è la guida: a singhiozzo. Sembra di stare in barca. In generale poi, qui non si è ancora scoperto il valore aggiunto di scalare la marcia. Quindi si sente spesso il motore che arranca con una voce baritonale e scongiura per una seconda. Ma il tassista è crudele e non lo accontenta.
L’unica alternativa è la guida spericolata, non di rado praticata. In ogni caso, tendenzialmente, tassisti come autisti in genere e motocicli hanno un’interpretazione tutta loro del Codice della Strada e spesso vanno contromano, passano col rosso, attraversano sulle strisce (sì, anche in macchina può capitare). Poi c’è il clacson, che viene usato un po’ come il “pota” in bergamasco: un ritmico intercalare. Si suona per tutto e a chiunque. C’è anche il clacson preventivo: io ti suono, così, just in case. É un concerto che non smette mai.
Elemento trasversale che accomuna i tassisti al resto della popolazione è la presenza della bi-unghia! In pratica si fanno crescere a dismisura l’unghia del pollice e quella del mignolo della mano destra. I pionieri dell’alto dandismo lo fanno anche sulla sinistra. …ma non vogliamo immaginare l’uso che facciano di codesto utensile biologico, anche se il colore non lascia spazio a molte ipotesi.

É una caratteristica che si vede un po’ dappertutto e – cosa curiosa – talvolta anche sulle donne. In effetti ci sono in giro donne cinesi bellissime. Ma la poesia scende quando inizia il festival del catarro, o le si sente “digerire” in modalità podio nella gara di rutti del pub. Cosa che dovrebbe essere un orgoglio di emancipazione, poiché le accomuna ai ben più cavallereschi uomini, che si impegnano invece in ben più complessi virtuosismi di igiene fai da te. Spesso li si può notare in metro – bacino inesauribile di situazioni e personaggi paranormali – nella famosa “World Scaccolment Championship”, prestigiosa competizione geologica per la ricerca di pepite. Talvolta, in un fantasioso esercizio di immaginazione multi-culturale, mi viene da affidare loro nomi pellerossa che rispecchino le loro caratteristiche. Come Raggio di Scaracchio, Toro Sudato o Psoriasi Nascente. Dobbiamo però essere onesti e ammettere che in fondo le stesse caratteristiche sono riscontrabili anche da noi. Forse in alcuni casi anche peggio.

E per finire in bellezza, voglio condividere un importante segreto che ho scoperto: quando in metro si deve passare per la barriera del metal detector e c’è lo sceriffo che decide chi deve far passare cosa, se non lo si guarda, si passa senza dover mettere nulla sui rulli dello scaner. Insomma è un po’ come per i Tirannosauri di Jurassic Park, che se stai fermo non ti vedono!

La cosa che invece lascia stupiti in metro è vedere che nessuno cede il posto agli anziani e anzi la gente quasi si ammazza per sedersi prima di un altro. E gli anziani invece sono dignitosissimi, anche quando stanno seduti di fianco ai cestini della spazzatura per raccogliere e differenziare giornali o bottiglie di plastiche e aspettano che i passanti diano loro i propri rifiuti al posto che metterli nel cestino. E quando lo fai ti fanno un sorrisone a due denti che ti stringe il cuore.
Anche questi sono i contrasti della Cina. Che magari ci aiutano anche a capire meglio i nostri di limiti e le nostre di caratteristiche. In fondo noi veniamo di qui e iniziamo già a giudicarli con un po’ di tracotanza, ma in realtà siamo ospiti in una terra con una storia ben più lunga della nostra. Sì certo, ci sono molte differenze oggi e spesso ci piace ridicolizzare molti loro aspetti, ma è anche bello non prendersi troppo sul serio e saper ridicolizzare anche i nostri. ..in effetti qui si vedono anche molti western che portano seco in volto le stigmati del loro destino: sono geneticamente predisposti alla fregatura. Quindi posso anche capire il tassista …che magari pensa la stessa cosa di me!

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Monday, August 24, 2015

Hong Kong vs. Shenzhen

This past weekend I finally ventured out of Shenzhen into new territory: Hong Kong.  To keep you from confusing the two, here’s a small analysis about the differences between Shenzhen and Hong Kong. While both are special zones part of People’s Republic of China, Hong Kong is a SAR (Special Administrative Region) while Shenzhen is a SEZ (Special Economic Zone). Although both regions have special laws to increase foreign trade, they have manifested into contrasting cities.
HK   Traveling to Hong Kong feels very much like you’ve left China for another country. In fact, Hong Kong feels like a Chinese New York and has a very different vibe than Shenzhen. Upon entering Hong Kong, I grew worried about my lack of knowledge of speaking Cantonese. In Shenzhen, lack of Mandarin meant difficultly ordering food, getting directions, or even shopping. However, my worries were quickly eased as it seemed like practically everyone in Hong Kong spoke English. It was only when you ventured north above Kowloon to the New Territories that English became sparse.

The currency is different in Hong Kong as well (Hong Kong Dollars – HKD). Although the exchange rate from USD to HKD is roughly the same as the rate from USD to RMB (yuan, kuai, renminbi- aka mainland dollars), shopping prices are not. While in Shenzhen, it’s not too hard to find meals for less than 30 yuan (mine average at around 20) as long as you avoid the food marketed to Westerners. In Hong Kong, even the hole in the wall dim sum restaurants will cost at least 50 HKD. This difference in price exists in all aspects of shopping in the city. From a metro fare to hostel prices to buying clothes and electronics, Hong Kong is definitely more expensive.

However, when it comes to buying material goods, Hong Kong is a safer bet. In Hong Kong, when you dish out the dollars you are more likely to get the real item, or at least a great fake (think electronics). In mainland, it’s certainly cheap, but when it comes to electronics, spending the money for quality is probably better. And for Westerners looking for clothes in their size, Hong Kong has the answers. In Mainland, I am considered a Large or XL, even though I’m a Small or Medium in America.

Nonetheless, the allure of Hong Kong fades once you look past shopping. If you ask any visitor or local what Ayat2there is to do in Hong Kong, they all claim the same thing: shopping. Although certainly true, this makes Hong Kong a bit boring for the less consumerist of us. Shopping was not high on my to-do list, so I spent my weekend in Hong Kong venturing the green spaces. I highly endorse visiting the Hong Kong wetlands (something no guidebook speaks of) and climbing the top of Hong Kong Island peak. Visiting Hong Kong on a rainy weekend turned out to be a plus for these adventures as it created cooler temperatures, enhanced the greenery and provided empty trails.

JungleFinding empty trails in Hong Kong is not easy. Hong Kong is a mega-city that is densely populated with 7.2 million people. Known for having a lot of people and no space, Hong Kong has narrow streets filled with pedestrians. Having stayed in three different hotels in the city at various price ranges(I kept changing for a cheaper hotel each night), I can verify that even doubling the room prices buys barely any extra space. In addition, although there is a lot of green spaces in Hong Kong, it’s largely isolated from the city centers and locations people live. Good luck finding a park for a nice afternoon stroll in Hong Kong! In comparison to Shenzhen with a park or garden within 15 minutes walking distance of anywhere (at least in my experience), Hong Kong struck me as harshly metropolitan. Yes, the green spaces exist in Hong Kong, but they are not within easy reach and must actively be sought out and even then it will be hard to escape the Hong Kong crowds.

Overall, both cities are wonderful but offer completely different lifestyles. For those seeking shopping, city lights, and the general fast-paced city life – skip the China visa and stay in Hong Kong. Then there are people like me, people who become homesick for Mainland after visiting Hong Kong. I missed the trees between skyscrapers, the communities in the parks, and the neighborhood feel of the city. In Hong Kong, it appeared people had a Western attitude where they only lived and consumed for themselves. Shenzhen on the other hand, reminds of what I think China was like centuries ago; everybody lives for and with the community. It’s hard to explain, but it’s easy to feel. My verdict? For me at least now, Shenzhen is the place to be.

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Thursday, August 20, 2015

Alla scoperta della Cina continentale. Guilin, le risaie a terrazza, Yangshuo e il fiume Lì

Un temibile ed oscuro presagio incombe sulla domenica: il lunedì.

La vita di un intern può essere molto gradevole: se si hanno vent’anni e sì è scelto di fare un mesetto di esperienza in Cina, per inframmezzare la vita universitaria e fare curriculum. In un mese non si fa a tempo ad essere travolti dalla snervante consuetudine comportamentale degli autoctoni e si è ancora nel pieno periodo di infatuazione da viaggio turistico. Ma si fa a tempo a fare baldoria la sera, in uno dei vari, tanti locali che la città offre.

Se invece si è un canuto intern trimestrale post laureato, la vita shanghaiana consta di molteplici incombenti da evadere. L’esemplare in questione, è plausibilmente in cerca di qualche offerta di lavoro. Ciò lo induce a dover lavorare con costanza e impegno anche oltre le ore di ufficio, per guadagnarsi un’offerta presso l’azienda ospite, o almeno una buona lettera di referenza. Ma non basta. Ci sono i network, i contatti da tenere, gli eventi cui partecipare.

Si chiama “guanxi”, ed è l’insieme di interrelazioni che bisogna necessariamente tessere per poter sperare di ottenere un posto. É il corrispettivo del nepotismo/clientelarismo nostrano, ma che qui assume talvolta sfumature di grottesco.

Voci indiscrete – ma ben informate – suggeriscono che talvolta gli amici asiatici, selezionino i propri dipendenti in base a scriminanti quali la foto, il paese di provenienza, il caso o la simpatia (perché, per l’appunto, persona conosciuta ad un evento di networking o segnalata).

Ma la vita del nostro intern trimestrale non si esaurisce in queste attività: c’è anche da selezionare le offerte di lavoro (lavoraccio) e candidarsi: cosa che porta via già di suo un bel po’ di tempo. Se poi aggiungiamo la connessione internet in cablatura stile tardo Impero Romano, con velocità di navigazione quasi pari a quella degli anni ’70, quando il web era un prototipo, allora le tempistiche si allungano. Ma solo quel tanto che basta per voler spaccare tutto …però in maniera molto zen!

Poi ci sarebbe anche da vivere: tipo fare la spesa, il bucato, lavarsi. E magari un po’ di vita sociale ogni tanto mettiamocela. Così il povero vegliardo intern, accusa un po’ di stanchezza.

Quindi, eccolo sopravvivere durante la settimana lavorativa – con qualche puntatina di Bar Rouge infrasettimanale – sino a raggiungere l’agognato venerdì: giorno di partenza verso l’esotica Guilin.

Amena cittadina sud cinese, uggiosamente adagiata sulle rive del fiume Lì. Ottima meta per staccare un po’ e vedere posti stupendi distraendosi un poco.

Metro gremita fino all’aeroporto: tac. Ritardo da inguaribile ritardatario: tac. Ceck-in con acqua alla gola e corsa disperata: tac. Epica ronfata durante il volo: tac. Contrattazione gestuale col tassinaro in loco per raggiungere la destinazione: taaaac.

Notevole sorpresa è il B&B che accoglie le mie stanche spoglie, il quale si attesta ad essere di  ottima qualità. Sonno dei giusti – secco come la bella addormentata nel chiosco – e la mattina si parte con colazione cinese, così, tanto per provare com’è. Ed è buona, nonostante tutto: noodles al capello dell’oste, contorno con qualcosa non idenntificabile, ma rigorosamente fritto – indi: unto – e cane vistosamente malato che ronza fra i piedi, in cerca – alternativamente- di cibo/coccole/cibo/cibo/coccole/cibo/cibo/mosca/cibo.

Si parte verso la regione delle risaie a terrazza. Tre ore di pulmino cinese, gremito di cinesi. Gremito perché quando finiscono i posti ordinari, si iniziano ad aggiungere micro-sedili di plastica,  qua e là dove c’è spazio, dove siederà precariamente l’eletto e/o il prescelto: colui che farà il famoso e tradizionale viaggio “culo piatto – schiena rotta – gambe anchilosate – rischio volo di muso ad ogni frenata, con dentiera sul cruscotto”.

Tre ore. Tre ore di viaggio in cotal modo. Tre ore di guida spericolata. Perché l’autista deve superare. Non importa chi o cosa. Lui lo deve fare. E deve suonare il clacson. Sempre!

La strada è costellata di scene indimenticabili ed indescrivibili, tutte tipicamente cinesi. All’arrivo inizia la gita vera e propria, prima in funivia, poi a piedi lungo i dolci clivi ondeggianti, che disegnano tutta la vallata sino a lambire l’orizzonte. Qualche tradizionale e ligneo villaggetto rompe le curve tratteggiate sulle montagne e riempite da fitte pennellate di verde.

Ovviamente ci si perde fra i sentieri, tutti fatti a scalini. Qua e là qualche venditore ambulante di cose magnifiche: tessuti locali (spacciati come artigianali, ma ormai industriali), o le tipiche cianfrusaglie che solo il tipico turista potrebbe comprare. Poi l’ambulante con l’alveare pieno di api sul bancone, che vende il miele cristallizzato naturalmente. Uno spettacolo: visivo, olfattivo e papillare.

Si arriva zaino in spalla al paese di Dazhai, dove si vedono le anziane del luogo ancora vestite con i costumi tipici e con i capelli nero corvino intrecciati sul capo, poiché non li tagliano mai per tutta la vita. Tutto profuma di brace, grazie ai locali che continuano a cucinare il riso dentro al bambù.

L’ostello è accogliente e confortevole, tutto costruito in legno. La stanza è spartana, ma amabile e i compagni di stanza – Arturo il ragno gigante, Gerberto la blatta e Luigi la tarma – sono simpatici e ospitali. Agenore il ratto non si vede, ma si sente ogni tanto sul tetto. Il bagno – eleviamolo a cotanto rango – è definibile come una stanza con un buco, dal quale promana un anticipo di inferno, che si sparge notte tempo per la stanza. Ingegneria idraulica questa sconosciuta: se a Shanghai non hanno ancora scoperto il sifone, direi che le speranze di avere a Dazhai più di un buco diretto nel terreno, sono vane.

La porta della cosa (perché non è un bagno, ma una “cosa”) è una chicca. In legno semi-putrescente e con chiari segni di cedimento, la quale tende ad aprirsi per mostrare al mondo tutta la beltade che custodisce. Il colpo di genio è che la si può chiudere solo dall’esterno e con lo spago girato su un chiodo fissato al muro. In generale, insomma, un luogo ove gli entomologi avrebbero potuto investire il loro tempo nel trovare nuove e variegate specie di esseri viventi sconosciuti alla classificazione di Linneo. Ma comunque bello, bello, bello.

L’indomani è di ritorno a Guilin, per poi spostarsi in pullman in in un piccolo villaggio lungo il fiume, dal quale prendere la bambù boat (tipica imbarcazione fatta di solo bambù) per percorrere le scure acque del fiume Lì, fra le montagne stondate dall’impeto della terra.

L’autista del pullman era probabilmente appena stato dimesso dall’ospedale psichiatrico. Perché va bene la guida sportiva, ma c’è modo e contesto. Se il contesto è: tornanti di montagna con pullman da 50 posti, strada bagnata dalla pioggia e carreggiata costantemente occupata da qualche carretto o pulmino, la cosa rientra nel tentato omicidio premeditato.

Tipo che il pazzo criminale ha fatto 2 km in contromano. Così, perché è primavera! E superava tutti in qualsiasi condizione: compreso un altro pullman a ridosso di un tornante con curva cieca. E dunque, affidando la mia vita al caso ed alla psiche disturbata del compassato autista, la scelta più razionale e logica che si possa fare è una e una soltanto: dormire.

La gita sul fiume è da togliere il fiato, fra le montagne a cucuzzolo – usate come location per il film Avatar – e la natura incontaminata. Bianchi cirri sullo sfondo di un cielo limpido si riverberano sul tremolio delle onde caliginose, mentre il barcaiolo timoneggia distrattamente sdraiato e piedi all’aria. Tappa su qualche scoglio dove ci sono ambulanti che vendono il pesce fritto e poi via ancora sulle acque fino al punto esatto in cui tutti fanno la foto col pezzo da 20 RMB, dietro al quale è disegnato lo scenario dei monti tondeggianti sul fiume.

Arrivati a Yangshuo bisogna farsi capire dal tassista col risciò a motore. La fortuna vuole che ci sia un giovane cinese con padronanza dell’inglese – una vera rarità da queste parti – che traduce e mercanteggia. La parte difficile è spiegare al driver che prima deve trovare una banca internazionale per far sì che lo si possa pagare, poi deve portarci fuori città nel B&B selezionato. Una piccola odissea, che si conclude in una piccola Itaca dove nessuno parla l’idioma di Albione.

Si finisce a cenare in un losco e arrabattato ristorante fuori città, dove l’ASL qualche cosuccia da ridire sulle cucine potrebbe anche avercela. Tentano di propinare del pesce non meglio identificato, volendone servirne non meno di un chilo. Dopo quasi mezz’ora di tentativi di comunicazione con traduttore automatico – per loro comunque incomprensibile -, gestualità italica e disperazione seguita da rassegnazione, il pesce (che avrebbero ucciso all’uopo) risulta salvo e il cenone si esaurisce in riso bianco e spinaci lessi. “Aglissimo, Alitissimo, Setissima!”

L’indomani si gira un po’ a piedi, fra i campi di loto a ridosso dei monti, sino alle porte della città, dove si prova l’espediente del moto taxi, il quale – ottemperando alla tradizione – rischia la propria e l’altrui vita ad ogni metro. Il puzzo di Baijiu (bevanda alcolica tipica, simile alla grappa) che promana dal Valentino Rossi di turno, agevola l’operazione.

Un giretto per le variopinte e rumorose vie della cittadina e poi la pedicure nella vasca dei pesci, dove strillo come una femminuccia, non appena immerse le fette. Cosa che va avanti per un buon dieci minuti, divertendo ed attirando i passanti. Roba da chiedere le provvigioni al negozio!

Tutto il resto è noia: il rientro all’aeroporto, il ritardo (gli aerei cinesi devono essere gemellati con Trenitalia) e il rientro notturno.

Cosa che il giorno dopo fa di me un essere metà sonnolente e metà rimbambito, al rientro sul lavoro. Là dove ho sperimentato anch’io il corpo “Avatar” come nel film: il mio corpo era lì, ma il mio cervello era a casa a dormire..

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Wednesday, August 19, 2015

Segunda semana en Shanghai

Estoy en Shanghai por tres meses y he tenido la suerte de cruzarme con una de las mejores empresas que me podía tocar. Se trata de una start-up compuesta por un equipo tanto de extranjeros como de chinos que está desarrollando un portal web para satisfacer la demanda de inversores chinos que quieren invertir en el sector del real estate en el extranjero. El proyecto es apasionante pues apenas acaba de empezar y hay mucho trabajo por hacer, por lo que siempre tienes tareas y estás siempre entretenido y ocupado, tocando todos los puntos que desarrolla la empresa. Por ejemplo, ahora, me han encargado contratar una empresa de call center, de manera que tengo que hacer un estudio de mercado analizando y comparando calidad y precio, así como contactar y negociar para firmar el contrato que mejor se ajuste a nuestras necesidades. Cuando seleccione la empresa definitiva, haremos un viaje al país de destino; posiblemente Filipinas, para conocer las instalaciones y firmar el contrato.

Paralelamente, estoy encargado de colaborar con el plan financiero de la empresa, de manera que suelen mandarme tareas relacionadas con cálculo de costes internos, retornos y localización de inversiones, etc. Estas responsabilidades son  bastante interesantes justo ahora que la compañía está intentando atraer nuevos inversores, de manera que suelo tener bastante trabajo que hacer.

El ritmo puede llegar a ser agotador según la semana, pero si el proyecto te gusta y al estar siempre entretenido y aprendiendo sacas energías de donde sea.

Pablo Shanghai - 1

Si os interesa el tema de ocio nocturno en Shanghai, he de deciros que para mi grata sorpresa nunca pensé que los chinos se lo montasen tan bien de fiesta. Aquí en Shanghai tienes bares y discotecas para todos los gustos, y desde el primer fin de semana hasta el último encontrarás interns con los que salir. Si quieres integrarte con la comunidad china te recomiendo que aprendas a jugar a un juego local de dados, que consiste en adivinar los números que van a salir. Quien pierde, tiene que beber. Si, como yo, te gusta más el ambiente occidental para salir, tienes una amplia variedad de discotecas donde de miércoles a sábado encontrarás expatriados de todos los rincones del mundo. No obstante te recomiendo probar ambos. En cualquier caso, deberás buscar un promotor a través de otros interns o por internet, así podrás entrar gratis a los sitios incluso con mesa y bebidas gratis. Respecto a la bebida, si crees haber pasado ya la peor resaca de tu vida, espera a probar con el alcohol gratis de las discotecas; el que avisa no es traidor.

También recomiendo disfrutar de vez en cuando de un cóctel en las terrazas de los tejados del Bund, desde donde podrás contemplar unas increíbles vistas del Pudong repleto de rascacielos iluminados, con la Pearl Tower como principal atractivo.

Pablo Shanghai - 2

Para moverse del apartamento a las discotecas, es siempre necesario taxi para ir y volver, pero el trayecto suele rondar los 5-10€ y entre varios se queda en nada. En definitiva salir por Shanghai puede ser muy barato, según tu estilo de vida y como te lo montes.

Lo que está claro es que te lo vas a pasar bien.

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Tuesday, August 18, 2015

Team Building With DX

I spent this past weekend in Qing Yuan on a team building trip with my company. It was a ton of fun! The highlight for all, I believe, was the rafting. You sat in a two-person, inflatable boat, wearing an ill-fitted helmet and life jacket, and left your fates to the currents to take you downstream. I loved that it was such a natural experience. We did not use paddles of any sort to manipulate our direction!
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The parts that where we went downhill were exhilarating but could be very rough and bumpy. However, the parts at the calmer waters were scarier. Other boats around us had people well-equipped with water guns and shovels, ready to demolish us with water whenever we went by. They do tend to target you more if you squirt them first though, which my colleague Emma and I quickly experienced. It was a great time and the weather was completely on our side. By the end of it, we were all dripping wet and had messed up hair, but we didn’t mind.

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Another highlight for me was getting to know some of my colleagues on a deeper level. Despite seeing them around the office and at lunch every single day, it is completely different to be spending all day outside the office and trying something new together. I can definitely see the value of team building trips.

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Reflecting on Shenzhen

Hi, my name is Elaine Zhang, I am from Ottawa, Canada, and I have just started my second (and last!) month of internship here in Shenzhen. I am writing my blog a month later than planned because originally, I did not think my experience was worth sharing. This is because my experience in Shenzhen is a little different from most other interns. Although I live in Canada and now study in the US, the majority of my family and relatives remain in Shenzhen and other places in Guangdong, so this is not my first time in China. In fact, I have been coming back to Shenzhen every summer for the last 12 years, no exception. I am not like the other interns that
are exploring China, Chinese food, and Chinese language and culture for the first time.

Despite this, I have recently realized that there are many things I can share about my experiences this summer. This is the first summer that I have been living on my own in Shenzhen, independent from my family. I had never once taken the metro here, and now I rely on it to bring me everywhere- to work, out to dinner, exploring different parts of Shenzhen- I love it. It is the first time I have REALLY explored Shenzhen as a tourist, with people my own age from all around the world.

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This, to me, is what makes CRCC worth it. It is not like summer camps I have been to in the past where the Americans stick together, the Italians stick together, the Chinese stick together, etc. We are all interspersed here. It has been an enriching opportunity to get to know individuals from so many diverse backgrounds (Italy, Australia, the UK, South Korea, the US, and more), and to see how we can relate and how we differ. The best part is that we can all connect through a love of exploration and trying new things, since this is what brought most of us to China in the first place. With other interns in the last month, I have explored every part of the city that is said to be worth seeing. I went hiking, planned a weekend trip to Guilin and Yangshuo (gorgeous places), and did KTV at 2AM. There are still many things I want to do, which makes me sad to think how little time is left.

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Work-wise, I feel very fortunate. I am interning for a rather large e-commerce company named ePro, but I am working for one of their smaller branches called MadeInChina.com. I feel fortunate to be working for this smaller branch of this company- I feel that I can contribute more here than I may in a larger branch. I have actually grown very attached to the brand and am eager for its success. After only two weeks at the company, I learned a lot about myself as a worker and what I value in a permanent workplace in the future. There are weeks that I have felt more motivated than others, and this has been a great learning experience for me in determining what I need to do my best. In addition, there are some colleagues that have been so welcoming, lively, kind and funny that I cannot imagine my summer being complete without having met them.

All in all, I do not normally like to generalize an entire summer, but this one really has been a great one.

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Deng Xiaoping

Today’s blog is not about me. Instead, it’s about one impressive beast called Deng Xiaoping. While many foreigners know of Mao and what he did for China, less is known of Deng, one of Mao’s eight successors (also known as the Eight Elders).  While in power from 1978 until 1992, Deng transformed China’s market into the communist/market economy mix that exists in China today.

Let me just interject to say that living in China today is lush. The metros are the quickest and cleanest I’ve ever seen, crime feels near non-existent, and it has one of the best economies to work in with lots of opportunity. All this is a by-product of Deng. He implemented the One Child Policy, opened foreign relations, and adopted Special Economic Zones. All these policies helped decrease China’s poverty rate from 85% in 1981 to 7% by 2012 while simultaneously making China the one of the fastest-growing economies in the world. If that doesn’t make Deng as cool as Gandalf the Great, I’m not sure what will.

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To cement the magnificence of Deng, there are statues and attributes to Deng hidden all around Shenzhen. If you climb Lotus Mountain which is easy hike located in the center of Shenzhen, not only will you get beautiful views of Shenzhen’s skyline, but you will also see a statue of Deng Xiaoping. In addition, there’s Hong Fa Temple, a immense park overflowing with temples and beautiful scenery. While there, one can even see a large tree planted by Deng Xiaoping. This is a must do in Shenzhen that requires a full day.

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Which rounds us back to Shenzhen. Shenzhen was China’s first Special Economic Zone (SEZ). For those who don’t know, a Special Economic Zone is an area within a country where laws dealing with trade, business labor amongst others are different from the rest of the country. Shenzhen in particular is fairly capitalist-friendly (though it’s no Hong Kong). As a result, Shenzhen has garnered a reputation of being the “Silicon Valley of China”, a “Manufacturing Heartland,” and a center for innovation and creativity in China.

Based on my experience in Shenzhen thus far, I can already validate these statements. For companies (especially start-ups) looking to cheaply manufacture their product, Shenzhen should be your go-to city. The start-up that I’m interning for as part of the CRCC Asia program is one such company. In addition, the low cost and widespread access of raw parts makes it easy and affordable to innovate with different materials. The only real setback is that the instructions are coming in Chinese, making it a bit harder to decipher.

Nonetheless, Shenzhen is a interesting place to work during this period of time, and that’s all because of Deng Xiaoping.

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Esperienze culinarie di Hong Kong e ultimi pensieri pre-partenza

Ancora stento  a credere che questa esperienza sia giunta al termine eppure domani sara’ il giorno della mia partenza. Mi sembra ieri che sono arrivata all’aeroporto di Hong Kong, spaesata e impaurita, mentre cercavo la bandierina di CRCC Asia.

Ma se mi fermo un attimo a riflettere, tante cose sono cambiate e tanti avvenimenti sono accaduti: ho cambiato internship nell’arco di un mese, ho visitato Macao, ho mangiato Thai più volte qui che in tutta la mia vita, ho rafforzato la mia conoscenza del Mandarino (anche se qui è del tutto inutile dato che parlano Cantonese) e soprattutto sono diventata un’esperta di esplorazione dei quartieri di Hong Kong.
Due cose mi hanno sorpreso in particolare: il livello dei prezzi molto simile (se non identico) a quello occidentale e la totale assenza di dolci commestibili in Cina. Ecco, se avete bisogno di dimagrire, questo e’ il posto perfetto perche’ nonostante il cibo sia molto spesso fritto, si riesce a mangiare spesso anche pollo, zuppe, noodles di riso e tanto te’ al gelsomino. I dolci invece no, lasciateli perdere, è proprio un consiglio spassionato, lasciate perdere. Ma torniamo agli ultimi avvenimenti della settimana , in particolare il Food Expo a cui abbiamo partecipato (niente a che vedere con quello di Milano, precisiamo) e la mia personalissima analisi di mercato dei ristoranti (bettole? Osterie? Bistro’?) di Tsuen Wan. Cominciamo con il dire che questi due episodi sono totalmente agli antipodi, perché il food expo l’ho trovato poco organizzato, costoso ed ha rappresentato persino il mio pranzo peggiore dal mio arrivo qui ad Hong Kong. Se proprio vi interessa sapere cosa ho mangiato, si trattava di noodles con una salsina strana all’aroma di aglio e qualche strisciolina di zucchina ( non giudicatemi, non ho trovato di meglio).
Nonostante ciò, mi sono divertita moltissimo agli stand del te’ dove abbiamo assaggiato, testato e recensito le varietà più disparate ed assistito al rituale di infusione. Allego anche la foto di una signorina dello stand fin troppo applicata nel creare la tazza di te’ perfetta (l’intero processo e’ durato circa dieci minuti!)

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All’ altro lato dello spettro troviamo i ristorantini di Tsuen Wan nei New Territories. In effetti sono molto caserecci ed è difficile trovare qualcuno che parli inglese, ma in realtà questo non rappresenta un grosso problema. Con un po’ di fortuna (alcuni menu esposti hanno le figure) e l’aiuto di qualche cliente con una padronanza linguistica avanzata (inglese base delle elementari) si può tranquillamente tradurre parte delle pietanze o almeno arrivare a capire cosa si sta mangiando.  La parte divertente di questa esprienza èche rappresenta una sorta di roulette russa: può andarti male o può andarti bene, fortunatamente non spenderai mai troppo perchè questi posti (non essendo molto turistici) sono abbastanza economici.

Se dovessimo fare un’analisi veloce dei punti di forza e debolezza direi: rapporto qualita’/prezzo ottimo, porzioni abbondanti e qualità media accettabile (magari non sara’ il pranzo migliore della vostra vita, ma un po’ di elasticita’ suvvia), cordialità e disponibilità dei camerieri fin troppo alta (vengono a prenderti da fuori il locale per farti mangiare e cercano di farsi capire indicano polli/manzi/maiali sgozzati appesi al soffitto… un po’ inquietante), infine capacità  linguistiche pari a zero (della serie: o parli Cantonese o ti arrangi) ma dopo un po’ ci si fa l’abitudine a parlare a gesti.
Per concludere, dato che questo è il mio ultimo post di esperienza ad Hong Kong, mi sentirei di consigliare la visita di questa splendida città a chiunque, sia per la gente che per le attrazioni turistiche. Io personalmente, credo di essere maturata moltissimo in poco tempo , soprattutto evitando le mete ovvie da guida turistica e perdendomi nei vicoletti e quartieri caratteristici.
A chiunque voglia intraprendere questa esperienza, dico: partite agguerriti, mettete in conto che ci saranno imprevisti e soprattutto armatevi di elasticità mentale e voglia di divertirvi. Buona fortuna!

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Monday, August 17, 2015

Pensieri profondi tra i casino’ di Macao e i grattacieli di Hong Kong

Più il tempo passa qui ad Hong Kong, più mi rendo conto di quanto la data della partenza si stia avvicinando. A questo punto, mi sembra giusto iniziare a tirare le somme di quello che è stato fatto finora e parlare delle esperienze vissute.

In primis, mi sento di consigliare questo internship anche solo per il numero di contatti che ho ottenuto e che spero mi saranno utili per il futuro. Sono decisamente maturata e ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze del mondo del lavoro, sia i lati positivi che quelli negativi.

Ovviamente c’è ancora tanta strada da fare e ad oggi ancora non so dove sarò domani e se mi stabilirò mai in qualche parte del mondo precisa. Una delle mie più grandi paure (ed anche la ragione per cui ho deciso di intraprendere questo stage) non è quella di rimanere disoccupata, bensì quella di trovare un lavoro che non mi soddisfi appieno e sia sotto molti punti di vista mediocre.

Certe volte mi sembra che tutti questi sforzi e queste esperienze non bastino per fare di me il “candidato ideale”, eppure sono consapevole delle mie capacità presenti e delle mie possibilità di crescita future.

Ho decisamente intenzione di portare con me con tutte queste esperienze, sia lavorative che di esplorazione cittadina (soprattutto!) e di utilizzarle per migliorare sempre di più. Ad esempio, tra i punti forti di questa settimana possiamo annoverare la gita a Macao con annesse chiese, stradine affollate e casino’. Tra i punti deboli invece c’è “solo” l’incertezza per quello che ci sarà in futuro, ma nonostante tutto rimango una persona positiva, piena di speranze e voglia di fare.

Ogni volta che vedo un grattacielo ad Hong Kong o mi aggiro per i casino’ di Macao cerco di immaginare cosa succederebbe se facessi parte anche io di quel mondo. E’ una sensazione indescrivibile, quasi come il sentirsi sul ciglio di un burrone e non sapere se si atterrerà su un materasso di piume d’oca o su rocce appuntite. Allo stesso tempo, c’è anche l’eccitazione per il voler provare questo salto, nonostante i rischi e le probabilita’ avverse.

Di seguito ho infatti allegato un paio di foto del Wynn Casino’ di Macao; in particolare, sono rimasta colpita dagli interni sfarzosi (velluto rosso e oro dappertutto) , dalla piscina e soprattutto dai grandi spazi. Ci si poteva veramente perdere e quasi sembrava di trovarsi in un altro mondo, lontano dal caos della cittadina di Macao.

In effetti, è incredibile constatare come l’eleganza e il lusso di questi palazzi contrasti nettamente con quelli che sono gli standard medi di vita della popolazione (e dei turisti non facoltosi, tra cui io e il mio gruppo possiamo annoverarci eheh) . Potremmo descrivere la situazione come di seguito: tutti stipati come sardine cercando di vedere il piu’ possibile prima di salpare sull’ultimo traghetto, collezionare calamite e provare cibi economici di dubbio gusto e provenienza.

C’è da apprezzare però l’avventura di questo girovagare senza meta e con pochi soldi in tasca. Per il momento voglio godermi tutto ciò che questa esperienza ha da offrirmi e vado avanti senza fermarmi!

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Sunday, August 16, 2015

Grazie CRCC Asia!

Con questo blog si conclude la mia esperienza qui a Pechino. Non scriverò le frasi scontate di quanto è stato bello, di come mi mancherà e delle conoscenze che ho fatto, perché ho ancora cinque giorni da colmare di sapori, profumi e storie cinesi. Quando sono arrivata qualcuno mi disse: “enjoy the most of Beijing”, è quello che ho fatto, che sto facendo e che farò fino al giorno del mio volo. Gite e nuove scoperte sono appuntate sulla mia agenda pechinese, mi spiace solo non poterle raccontare qui e fare assaporare ancora un po’ di Cina.

Dopo due mesi alla scoperta della storia, della cultura, dei cibi della capitale, gli ultimi week-ends sono dedicati ai dintorni di Pechino, dintorni un po’ “naturalistici”. Diciamocela tutta, lavorando per nove settimane d’estate, con il caldo e l’afa, nella megalopoli più grande e più inquinata del mondo ti viene la mancanza anche del più piccolo olivo del giardinetto di casa, che, prima d’ora, non avevi mai considerato un elemento vitale dell’ecosistema. Se a questo aggiungiamo che i paesaggi naturali della Cina sono molto particolari e rigogliosi, otteniamo la combinazione giusta per organizzare una gita fuori porta. Lo scorso sabato, quindi, abbiamo deciso di avventurarci fuori Pechino e andare alla scoperta di Shidu. L’idea di scaricare lo stress settimanale e, allo stesso tempo, ricaricarci per l’ultima settimana di lavoro in una riserva naturale era molto eccitante. Oltretutto, sarebbe stata una giornata senza grattacieli, senza rumori urbani, senza smog, ma verdeggiante per la natura, pura per l’aria e rinfrescante per il fiume. E dunque: pronti, partenza, via per Shidu! La delusione è stata tanta! Ti ricordi allora che sei in Cina, in quella nazione il cui unico obiettivo è mostrare al mondo che sta diventando ricca e competitiva, ma a che prezzo! Distruggere una riserva naturale con un parco giochi incastonato nelle montagne è una delle tristi conseguenze di questa crescita. Shidu non è molto diversa da Pechino. I rumori del traffico sono sostituiti dalla musica delle giostre, un filo di smog, generato dai pullmini che ti risparmiano solo 500 metri a piedi, riveste le montagne. L’unica consolazione è stato l’ottimo cibo (che qui non delude mai) in un piccolo ristorantino in riva al fiume con una bella compagnia.

Con il ricordo di questa bella compagnia, conosciuta grazie all’esperienza di stage in Cina con CRCC qui a Pechino, mi avvio alla conclusione di questo blog e di questa avventura. Lo spazio purtroppo è poco per raccontare tutto ciò che ho vissuto e quello che ancora farò. Certamente posso dire che gli obiettivi per cui sono venuta qui sono stati raggiunti. Ho migliorato le mie competenze linguistiche, mi sono addentrata nel mondo del lavoro e ho ampliato le mie conoscenze nel campo delle ONG e dei diritti umani. In questi tre mesi con la Cina e con il mio futuro ho cominciato a tessere una tela che diventerà sempre più fitta. Grazie CRCC!

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Tuesday, August 11, 2015

(吃一堑,长一智) A fall into the pit, A gain in your wit

吃一堑,长一智. This is a Chinese saying that roughly translates to “a fall into the pit, a gain in your wit.” Now I haven’t heard anyone use this phrase in my time in China, but I felt it summarized my journey in Shenzhen thus far. To me, each new experience is like entering the unknown. You might as well have fallen into a pit.

To be clear however, in the 21st century, there’s not really such a thing as the real unknown anymore. A quick Google (or Baidu) search can tell you the basics about anything. Coming in, I knew that in Shenzhen the city folk speak Chinese (Mandarin), that the city is one of the largest and densest in the world with a (mostly foreign) population of 15 million, and that Shenzhen is only 1 degree above the equator and thus very hot.

This was all I knew before coming here. However, this basically told me nothing. It was only after arriving that I really learned what these things meant in terms of experiencing the city. For example, although this city has a large population of 15 million, it’s been surprisingly hard to find someone who speaks English in the streets. These people exist for sure, they’ve just be rare to find. Much to my amusement, this has made many simple things difficult. Like knowing which bus stop to get off at, or even ordering one large packet of fries from McDonalds. (On my first day in Shenzhen, I tried to order a one set of fries, only to be given 5 sets of fries. Apparently the english word for one sounds a lot like the chinese word for five -wan ).

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Despite the obvious language barrier, it’s surprisingly easy to move about the city. A sentiment many of my co-interns share is that it feels very western while still feeling like China. It’s both familiar and foreign. If I knew exactly where I was going all the time, walking about the city could feel as if I walking about New York City.

However, you only need to look up to know this is not New York. Even with Central Park, NYC could never be as green as Shenzhen. Everywhere I look, I see the stereotypical Chinese Skyscrapers surrounded by gorgeous Chinese countryside green. I should also add that the city is huge. Last Saturday, we spent 3 hours venturing ‘out of the city’ to Dapeng Fortress only to still be in Shenzhen. I never could have imagined such a large urban city looking so much like a jungle. Let me add that the constant humid heat only help reinforce that jungle image. Everyone in Shenzhen is constantly covered in a thin layer of sweat, although I will admit that the weather is still strangely bearable.

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I’ve been in Shenzhen for almost a week already, but I can already tell that I’ve gained a lot of wit. To summarize how I feel about Shenzhen, I’ll use some of that Mandarin I’ve been gratefully learning in CRCC Asia classes. “Wo shi mei gui ren, dan wo xihuan Zhong guo.” I am American, but I like China. It’s basic but you get the point.

Shenzhen, I’m looking forward to more.

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拜拜啦 Shenzhen!

Week by week – I can’t believe it’s been four weeks! It is time to say goodbye to Shenzhen. This has been one of the most interesting, inspiring, exciting, and important adventures of my life. Let me elaborate this further. I now have a professional, international working experience. I have connections and colleagues in China. I became familiar with Chinese people and culture, and most importantly – I met some great young people with whom I shared my concerns, happiness, enjoyment and work this past month. The other interns come from all over the world, and I am happy to know that I have somebody to eat dinner with, if I ever happen to be staying in their cities.
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This last week has been very productive, as on Friday I presented the project I have been working on this month. Positive feedback from my colleagues and advisors confirmed that it was worthwhile to be here and work with them. This week was also emotional in many ways. After a long and relaxing walk along the Shenzhen Bay with my colleagues, we had a dinner at a traditional Chinese restaurant in one of the best parts of the city. All of the dishes were prepared in the traditional Chinese way, and for some reason (maybe because I had so much fun talking to my colleagues), the food was the best I had in China.
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Just a few meters from our restaurant, a music fountain (one of the biggest in the world) was “dancing” with the world’s most famous music. China is a special combination of East and West. Starting from Chinese people with Western names, cities built according to Western styles, and international stores and restaurants, everyone here found something that made them feel “at home.” On the other hand, traditional China can be felt and “smelled” on every corner. Chinese like to eat, so the street food and small restaurants can be found everywhere. The traditional experience is complemented by Chinese language, traditional decorations, and the types of transportation that are different from other cultures.
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I have to say goodbye to my friends and the city with the feeling of sadness, but at the same time, I am aware that my experiences here can only help me in my future endeavors, as it made me more mature and enriched my personality. I recommend China to all those who are looking for adventures, changes, responsibilities, and international experiences. Zhù hǎo yùn!

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Treasure Chest

Shanghai has been a treasure chest filled with interesting sites and activities that
demand your attention. These were some of my favorites!
The French Concession
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The French Concession was established in 1849 as a French settlement in Shanghai.
Today, it is a quaint area with European history that is worth walking through. In
addition to the history, there are hundreds of bistros, pubs, boutique shops, cafes,
and restaurants, which line the streets. If you’re ever in Shanghai, the French
Concession is a must see!
The Sunshine Center
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One of my favorite activities in Shanghai was visiting the Sunshine Center. This
center educates and cares for adults with learning disabilities, Down syndrome, and
more.
We sat in a classroom alongside the students. We listened as they played musical
instruments and performed tricks using Chinese yo-yo’s. When I got to volunteer, I
went up to the front and failed miserably while attempting basic motions with the
yo-yo’s.
Before we left, we played ping-pong with the students. They were all really skilled!
After ping-pong we gave some toys and candy to the students and climbed back into
the van home.
Financial Center
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This picture was taken at the top of the Shanghai World Financial Center. The view
was breath-taking.  We traveled to the Observatory Deck on the 100th floor and
gazed out at the city lights. This view overlooks the Huangpu River, the Bund, and
the financial district. The colorful ferries lit up the river as they passed by. I have
never seen a more beautiful view in my life.

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Amid the Hustle and Bustle

With our departure coming up, my friends and I have had a variety of emotions. I have nostalgia for home, but at the same time I am glad to have been here. I grew to love Shanghai now, but it was not instant upon arrival.  Unlike my fellow students, I had to explore, step out of my comfort zone, and take a greater look at what was in front of me to gain my new found appreciation.  I am happy to return home, but I will definitely miss it here.

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Shanghai has a unique spark I have found during my time here.  There is the excitement of it being a great city with many things to do, yet at the same time it is so easy to feel overwhelmed by all that it has to offer.  I sometimes found myself wandering unsure of what to do or where to go.  The people are nice, especially once you get to know the culture and customs.  I will definitely miss how genuine they are.

Amid the hustle and bustle of a city, I found a bit of comfort knowing that I was such a small fish in a big pond. I learned my coworkers were just as normal as I was, even when I occasionally felt distant from them due to the language barrier.  One was planning her wedding; another has a young daughter who was born in the States; and another, who is as quiet as a mouse, is someone I will cherish forever.  I had the opportunity to interview her for a paper I have to write for my Intercultural Communication in China class.  We began with her age, and once she told me this, I was at awe.  She was much older, about ten years at least, than what I expected.  She then began to answer questions about her life and the Chinese culture, but then we moved to more personal questions.  We discussed our favorite movies, foods, and I even explained to her what Netflix was. After our talk, I knew I would miss her.  We did not talk much, but this one small conversation I had with her I’ll never forget.

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As I left work the last day, I knew that the way that I felt about Shanghai is exactly the way I felt after this conversation: I did not have the same experience here as many of my friends, but the interaction I had, will remain a part of my life and memories forever.  I will miss Shanghai.

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Bright Lights, Big City

I can barely believe the third week of my stay in Shenzhen is coming to an end. Time passes quickly in China. This week was amazing, but the weekend was even better. Early Saturday morning we left for Honk Kong. It was not a long trip, as Shenzhen is only 17km away from Hong Kong, but going through the immigration took some time.

It is hard to describe Hong Kong in words and sentences. Once we got out of metro and walked on the street, we met a lively, HUGE, and bright city. Aside from the one-of-a-kind skyline, floating island and enchanting dim sunlight, Hong Kong offers a perfect mixture of different cultures and harmony in which these differences persist. The very first thing we wanted to see was the famous Hong Kong skyline from Victoria Peak. It was even better than I could ever imagine, and the place offered the feeling of peace and excitement at the same time.

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Everything in Hong Kong is a new experience, even when one does things that he or she already done somewhere else. The tram ride to the top of Victoria Peak was more than interesting. First, because of the number of people that fit inside the vehicle; secondly, because of the slope on which the tram was moving. While we, the foreigners, had our most serious faces on, Chinese were relaxed and enjoying their ride. Watching the city from the highest point of the Victoria Peak was breathtaking. I made memories for the life as the skyscrapers lit up.

This week was unusual for another reason. We had a professional photo shoot at work. It was a full treatment as included make-up and hairdressing. It made me feel good, because I know that I will remain a part of company, at least a little bit after I am gone, since some of the photos will be used for the company’s website.

I have just a couple of days left at work and in Shenzhen, and I think I will use those to relax and shop. This city has so much to offer. I am looking forward to the adventures in my last weekend!

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Experience Shanghai

During my experience in Shanghai, I have learned to embrace cultural differences and become excited by the thrill of anything new. While this city is ever-changing, it’s so rich in culture and history that one can only imagine living here and being surrounded by such extremes.  

My internship deals heavily with market research, something I have never done in class as an English major, but I have actually really enjoyed it. I start with research: I learn the product or topic, then figure out the target market and find their use for the product. After, I formulate a report based on my findings. I find I can use my experience from my major because the report is very similar to an essay. I have found that it makes me frustrated at times because I am yearning for a bit more creativity, a bit more writing, and a bit more literature. While I miss my educational experiences as an English major, I still really enjoy what I have been doing. It gives me a great pleasure knowing that I’m currently working on a project that has an impact on a product that could potentially be in the stores, or even on my kitchen counter! The only downside about being an intern is that I rely on my supervisor for assignments.  Ironically, this is also one of the best things since, on occasion, I am able to leave early and enjoy Shanghai!

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Jing’an Temple is one of those many historical sites that I referred to earlier. It was built around 1270 AD for monks, and is so amazing.  We walked through it, and had to take photos of all that it had to offer. I was even able to take a few pictures with Buddha! This site is full of history.  It encompasses a lot of what I have come to love about Shanghai: the hidden beauty that lies beneath the hustle and bustle of the everyday life of the city. It embodies history, tradition, and culture all in one site.  I saw many locals there, praying and being surrounded by the monks there as they prayed.  I’m not sure entirely what type of ceremony I had witnessed, but it was so cool. It was as if all of these people were bonded by a spirit that had overcome them all for the sake of a greater bonding.  The architecture is also amazing. It still surprises me when I see such developed workmanship in historical buildings. Personally, I believe that places like Jing’an Temple make the Pearl Tower look like a toy.  The beauty of the Temple just can’t be beat.

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This past weekend was also the supposed “typhoon” which had my mom terrified and texting me all night long from 8,000 miles away.  It reminded me of Hurricane Sandy, but with less of an impact.  Due to the storm, we were forced to stay in the hotel all day as the rains and winds slammed against the building.  It really wasn’t even that bad! Still, being able to nestle in bed and rest up was so rewarding.  I was ready to take on more of Shanghai on a beautiful Sunday, the day in which it was supposed to get even worst! I found my way to the fabric market where I picked up a custom jacket made for me! I even picked up a few things at the French concession, where I actually found really good pizza, kiwi juice, and ice cream with sprinkles!

I am looking forward to everything else in store for me!

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“You can just feel the potential here…”

So, I have been in Beijing for over a week now. Rather than racking my brain for synonyms and descriptive metaphors to explain just how excited I am to be here, I though I would delve further into what exactly it is that excites me:

 

The Middle KingdomAT12


China’s vast, rich, and undeniably enthralling history resonates through the whole city of Beijing. Whilst much of the formal and recorded history is confined to museums and tourist attractions, you can really sense the communal attachment to a cultural heritage that has spanned so many long centuries. Despite the looming grip of expedited progression into the modern age, it is the simple things you notice day-to-day that really make Beijing unique.

 

Inertia

Speaking of progression, you can just feel the potential here. China has already been granted the accolade of economic powerhouse of the modern world and its development has been staggering over the last few years. Indeed, many of my colleagues at work have commented on how extraordinary the changes have been over the last 10 or so years they have been in Beijing. The sheer volume of inhabitants and extravagant consumerism really do make you wonder about the future of Beijing. It is certainly clear to see that it won’t be long before the western-dominated rhetoric of global politics will see an eastern fusion as yet more economic power radiates from the east. It is certainly a stirring outlook, and clearly many businesses are taking advantage of the latter prospects, but there is still a long way to go before the full potential is realized – but perhaps not as long as many would think.

 

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Beijinghua – Mandarin

Having had very little exposure to Mandarin before my arrival, the language certainly became one of the largest barriers. With the few lessons I have had so far provided by CRCC, I really do feel like it is such a fun language to learn. I get on very well in classes, but seem to suffer from a very poor memory, as it seems quite hard to get anything to stick. Apparently that’s because of how different the language is structurally. Regardless, I have thoroughly enjoyed learning it thus far, and I think it sounds fantastic. Personally, I am finding the language barrier the most frustrating part or living here – not because it makes daily activities a bit more strenuous (it does, but that can usually be resolved through some extravagant hand gestures), but because knowing more Mandarin would open a gateway into the culture and real life of China. Right now, I feel like an observer and I am longing to immerse myself. Commitment most certainly is key here.

 

Please, no more dòufu rǔ!AT1

The food here in Beijing is very different. You obviously have your token western restaurants and unavoidable global fast-food chains, but the staple diet and abundant foods are hardly comparable to back home. Rice, noodles, and dough is usually used as a vehicle to carry a vast array of flavors and tastes with a variety of meats, vegetables and spices. Most of it tastes amazing, but a lot tends to be quite heavy and oily. There has been many-a-lunchbreak where I have sat at my desk to find the wave of tiredness almost drag me to siesta as my body diverts all energy to digesting lunch. Breakfast is probably the most difficult to adjust to. I have resorted to a daily routine of baozi (steamed bun) or zhou (rice porridge), as I can’t bring myself to handle to the other heavy dishes and meats early in the morning. Perhaps my stomach and brain just need a little while longer to adjust. Fantastic to try it all though!

This list does go on! Perhaps I will save the other exciting topics for another blog post. In the space since my previous post, I have had the chance to visit some more amazing places of interest. Most notably the Summer Palace – it has to be one of the most beautiful places I have ever had the fortune to visit. I have also had a go at bartering (rather successfully I think) in the Silk Road and Pearl markets where I have purchased some hilariously questionable souvenirs. CRCC Asia also took us to the most amazing acrobatic show – we were on the edge of our seats throughout! Beijing just gets better by the second!

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Monday, August 10, 2015

Beijing Beginnings

Beijing is exhilarating. Only a few days have passed since my arrival and I find myself both exhausted and fulfilled, the city has surpassed all my expectations and it has done so in a spectacular fashion.

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From the offset it was quite clear to establish that I was certainly a long way from home – obviously in geographic distance from my London home, but also distant in a sensory way. The heat, the lights, the smells, the sounds, the behaviors, the mannerism and the vastly different language all seemed so very unfamiliar and different. Stepping out into airport in Beijing really did ignite those pangs of apprehension and unease, further reinforced as we traveled through the city to find our home for the next few months, noticing the distant smog and seemingly chaotic roads. However, accompanying that apprehension was a noticeable feeling of excitement and adventure about the city – a feeling that would grow over the next few days into what I could almost define as an infatuation.

I was surprised at how relatively easy I found it to acclimatize to life in Beijing, especially considering how disoriented I felt in the first few hours here. Everything felt different. Everything seemed different. But how different was it really? As soon as you stop pointing out everything that makes you feel alienated and unusual – and start looking at what is similar – you might start to find that life here actually isn’t so distant from home. Of course, that is not to say that Beijing does not have its own personality, it certainly does! But the moment you begin to realize that it functions just like other large metropolis – trains, taxis, working, eating, drinking, socializing, enjoying – then you start feeling a sense of security. And it is that small sense of security and familiarity that ignites the sense of adventure in full vigor. The sun always sets, the clocks always tick, and the city awaits your eager eyes. Once you gain your footing in Beijing (and that’s 99% a mental game) – that’s when you can start to the really experience the differences and enjoy that fact that you can be here to experience them.

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After about a week of consistent sleep and exciting trips and meals organized by the CRCC team, I feel like a whole new person. In only a few days I’ve manage to explore the Forbidden City, Tiananmen Square, Beihai Park, Sanlitun, the 798 Art District, and had some great food to top it all off. I have been here barely a week and I am already feeling like two months is a meager amount of time to explore all that Beijing and the surrounding area has to offer. I guess I will just have to work on improving my efficiency!

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Il festival della malattia!

Curiosità culturali antropologiche.

Settimana di fuoco ragazzi!
Che detta così pare festa grande. E invece sembrava la settimana internazionale della malattia e della vecchiaia. Un appartamento di derelitti. Chi con la tosse, chi col moccio al naso, chi – come me – con la febbre.
Tutto iniziò sabato scorso, dopo una serata terminata alle 5 a mangiare dal “lerzo” locale (il corrispettivo del “lerzo” fuori dalle nostre discoteche …che se è “lerzo” in Italia, figuriamoci qui).
L’indomani la levataccia fu attorno alle tre di pomeriggio. Martello di Thor nel cervello, voce da oltretomba e lucidità da anestetico per elefanti. Da buttare via insomma.
Tutto il giorno così, facendo la spola nella magica tris: letto, frigo, divano. Con puntatine di cesso per alternare il tutto. Un’ intensa ventiquattrore di inutilità sociale.
L’indomani, domenica, altra giornata letargale. Così il dubbio viene: e alla prova termometro la conferma. E febbre sia.
L’ideona del secolo è stata andare al lavoro lunedì. Cosa che ha necessitato di passare più e più volte per gli sbalzi climatici dettati dal regime della metro, sotto il dominio della Regina delle nevi. La cura migliore ..anzi, la cura definitiva!
Alla sera uno straccio semovente si aggirava irritato per la metro, arrancando sino a casa. È incredibile la gamma di sentimenti che i cinesi possono suscitare nelle loro manifestazioni quotidiane. Un giorno li abbracceresti e vorresti adottarli. La sera stessa hai la compassione di Dracula. E li odi. Tutti. Profondamente.
In effetti una delle caratteristiche che accomuna i cinesi è che ti snervano. Non si sa bene perché, non si sa come, ma ci riescono. E talvolta ci riescono molto bene. Ma poi tutto passa e torni ad apprezzarli.
Avendo passato la settimana in letargo tipo reparto geriatria, tristezza e rassegnazione, la cronaca non regala certo spumeggianti emozioni. Cosa che mi dà l’occasione di spostare l’attenzione su taluni interessanti aspetti etnologici della società shanghaiana.

Parliamo di cessi – fulcro del progresso umano di ogni epoca ed epicentro di concentrazione mantrica -, ma partiamo da più lontano: riciclaggio.
Si potrebbe pensare che la Cina sia un luogo molto arretrato (e in effetti per alcune cose lo è). Eppure, a differenza di ciò che per esempio avviene negli States, hanno molta consapevolezza dell’impatto che il loro numero e la loro società ha sulla natura. Quindi si vedono molte zone verdi nelle città e, soprattutto, fuori dalle città piantano tantissimi alberi. Allo stesso modo, fanno la raccolta differenziata. Ecco, il fatto è che non la fanno a monte, ma a valle.
Ovvero, tu butti tutto assieme e poi qualcuno separa l’immondizia. Per strada. In realtà per i residenti c’è anche (credo) una prima divisione fra vetro, plastica e umido. Ma non è raro per la strada vedere gente che ravana nella spazzatura per dividere la plastica da altri elementi. Poi ci sono le bici col carretto, dove viene caricato tutto il materiale. ..ma come se avessero la capienza di un bilico! Per cui si vedono bici sormontate da materiale di ogni sorta che straborda sui quattro lati, trainate da secchissimi ometti ossuti, che si immergono nel caotico traffico.

Per tornare al cesso – ultimo baluardo di solitudine del cavernicolo moderno -, qui si fa una raccolta differenziata molto particolare. Il sifone, questo sconosciuto: i cinesi, oltre a non aver ancora colto appieno questa antica invenzione umana, che permette a tutti noi – che lo usiamo – di non avere reflussi e odori diretti, hanno anche le tubature strette. Pertanto facilmente intasabili (cosa che scoprii mio malgrado la prima sera di Cina).

Tale fatto, abbinato alla loro perversa modalità di riciclaggio, li spinge a non buttare la carta igienica nel water (che, sottolineiamolo, è privo di spazzolone: orpello inutile. Qui piace lasciare la mancia). Ogni bagno sarà sì privo di finestratura di sorta – vissuta un po’ come il sifone: qualcosa di cui si può fare francamente a meno nella vita -, ma avrà presso sé uno scomodo e poco capiente cestino. Rigorosamente aperto. Esso accoglierà i vostri e gli altrui scarti cartacei, per il comune piacere visivo e la realizzazione professionale di colui che è preposto a svuotarli.

Un’altra curiosità del popolo del sol levante, è che esso costruisce i propri grattacieli su impalcature …fatte di bambù (e legate insieme con – se va bene – filo di ferro, -se va male – paglia intrecciata). Ma la parte bella è che le passerelle sono costituite da canne intrecciate.
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Insomma un inno alla natura e al lavoro sicuro. Ovviamente non esiste alcuna protezione, se non un elmetto giallo in simil-plastica, spesso come un foglio A4 e resistente come un fico maturo. Ma a noi l’operaio moderno piace così, spavaldo e sprezzante del pericolo. Col suo bel berrettino protettivo portato distrattamente sulle ventitré o, perché no, sopra un altro cappello, che fa un po’ yuppies, un po’ Lapo.

La settimana comunque rientra nei ranghi della salute sul far del sabato, con capatina in discoteca dove, per festeggiare il ritorno alla vita, decidono che è saggio sputare addosso a sudati corpi danzanti, flussi di aria gelida. Ma a loro piace vederla sublimare. Insieme alla voce, che la domenica mattina sembra quella di Palomo: essere mitologico metà uomo e un quarto donna.

E anche per questo fine settimana, sono previsti strascichi di malattia e vecchiaia, da portarsi in ufficio il lunedì successivo insieme al famigerato “naso gocciolone”.

Ora sì che capisco perché tutti qui tirano su dal naso e lo sport nazionale è lo scaracchio parabolico carpiato.

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Arte, cultura e… piccione arrosto!

E siamo ormai arrivati alla penultima settimana di permanenza qui a Shenzhen. Il lavoro va alla grande, la città mi piace sempre di più. Ora che comincio ad abituarmi alla frenetica vita metropolitana non mi sembra vero che tra pochi giorni sarà tutto finito.
Anche questa settimana appena trascorsa è stata piena di eventi e cose da fare.
Mercoledì sera io e gli altri ragazzi abbiamo partecipato ad una delle attività mensili che CRCC Asia ci aveva proposto. E così si va tutti al China Folk Culture Village!!
All’interno del parco, che mostra un spaccato della vita e architettura dei 56 gruppi etnici che popolano la Cina, abbiamo assistito ad uno spettacolo fatto di danze, acrobazie e costumi tradizionali.
Il venerdì sera mi ero invece riproposta di passare un weekend tranquillo, perché dopo giorni passati per metà a lavoro e per metà nella metro a lottare per qualche centimetro in più di spazio libero, qualche giorno di relax non poteva che farmi bene. Poi però arriva una delle ragazze dicendo che la supervisor della sua azienda vuole portare lei e alcune sue amiche a fare una veloce camminata sul monte Wutong, dalla cui cima si può assistere ad una vista meravigliosa. Allettate dall’idea, accettiamo senza pensarci troppo…
Risultato: 5 ore di camminata sotto 38° di sole cocente, 3000 gradini da scalare e come sempre una marea di persone stipate in sentieri strettissimi. Però ne è valsa la pena: la vista della città dalla vetta della montagna era da mozzare il fiato!

Tornate boccheggianti e sfinite alla macchina, ci viene proposto di pranzare insieme ai nostri compagni di scalata: la supervisor Ivy, un suo amico e la figlia piccola di lui.
Contentissimi del nostro sì all’invito, ci conducono in un ristorante che dicono essere molto rinomato in zona, soprattutto per la sua specialità: il piccione arrosto!
All’inizio più preoccupate che incuriosite, ma affamate come non mai ci siamo lanciate all’assaggio. Buono il piccione, ma ancora meglio le altre decine di prelibatezze che ci sono state servite: pesce alla griglia, frittata, stufato di carne, verdura di ogni genere. Tutto naturalmente offerto dai nostri amici cinesi.

Arrivata la sera però, la stanchezza comincia a farsi sentire, così il giorno seguente decido di marinare la gita in spiaggia con il gruppo, di dormire qualche ora in più e di dedicare la domenica pomeriggio a qualcosa di più tranquillo e rilassante.
Vado così a visitare il museo d’arte Guan Shanyue e mi perdo ad osservare immense tele di paesaggi dipinti.
Uderzo

Un tipo di arte diversa da quella in stile occidentale, ma davvero molto interessante!

E con questo chiudo il post, sperando che questi ultimi giorni che mi rimangono qui a Shenzhen siano interessanti come questi!

 

 

 

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Aria di Hong Kong, aria di cambiamenti

Ho aspettato un po’ prima di parlare della mia seconda settimana qui ad Hong Kong. Il motivo è che ci sono stati talmente tanti avvenimenti e cambiamenti repentini che sono stata assorbita interamente da questo caos. In più volevo vedere quando tutto ciò si sarebbe un minimo stabilizzato per poterne parlare con calma ed oggettività.
Potremmo riassumere questa settimana in poche parole chiave: inizio dello stage, cambio di direzione, avventure in città e le drammatiche conseguenze dell’aria condizionata di Hong Kong.
Partiamo con ordine: Lunedì è stato il primo giorno di stage ma fin da subito ha riscontrato dei problemi nelle task assegnatemi, totalmente diverse da quelle che mi sarei aspettata. Poco male, mi dico, è solo il primo giorno. Purtroppo, il secondo giorno si presenta identico al precedente, al che chiedo chiarimenti e riscontro un fraintendimento riguardo le mie mansioni. Tralasciando i dettagli e le complicazioni, concludiamo di non perdere altro tempo e chiudere i rapporti lavorativi cosi da potermi orientare verso qualcosa di a me più congeniale.
Ed eccomi qui, alla compagnia dove lavoro attualmente, Et-projekt, versione asiatica della tedesca “Olfactory”. Il primo giorno è spettacolare: nonostante l’entrata del palazzo non fosse magnifica (ma dopo un po’ di esperienza in Cina si impara a non giudicare dalle prime impressioni), l’interno dell’azienda è pieno di sorprese. Si parla amichevolmente di lavoro, opportunità ma anche di cose semplici e interessi comuni. In più è previsto un tour del laboratorio fragranze per conoscere meglio il marchio e i prodotti in questione.
Parallelamente alle soddisfazioni in ambito lavorativo successive agli intoppi iniziali, ecco che anche da punto di vista “turistico” inizio ad ambientarmi sempre di più. In effetti, tra gli achievements della settimana possiamo enumerare la visita a Victoria Peak (da cui si vede l’intero panorama di Hong Kong e i nuovi territori), la gita a Stanley Beach e Orange Park, ed infine la mia esperienza serale nei mercatini ortofrutticoli di Kowloon (molto più economici di 7-eleven e Wellcome). Come si può vedere è stata una settimana molto piena e se ne potrebbe parlare per pagine e pagine, quindi lascerò che siano le immagini scattate in questi giorni a descrivere le emozioni e a mostrarsi in tutto il loro splendore.
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Unica nota dolente della settimana è stata la mia perdita della voce (momentanea, s’intende), dovuta probabilmente all’aria condizionata decisamente troppo forte di questa città. In effetti tutti i locali, dalla metro al più infimo negozietto di quartiere, passando per i grandi hotel, sono regolati a una temperatura da Polo Nord che mette a dura prova il mio povero sistema immunitario e favorisce gli sbalzi termici. Promemoria per il futuro: golfino in borsetta da sfoggiare all’occorrenza. Secondo promemoria per il futuro: non è fattibile camminare kilometri sui tacchi senza avere delle ballerine di riserva con cui tornare a casa.Detto questo, posso almeno concludere di avere imparato dai miei errori, che ovviamente non sono stati piacevoli ma almeno mi hanno insegnato a crescere di più. Per il momento, cerco di riprendermi con la voce e di impegnarmi al massimo nel lavoro, senza dimenticare il lato “social” di questa esperienza. A questo proposito, vorrei menzionare una tappa obbligata per ogni visita ad HK: l’Ozone bar al 118esimo piano del Ritz-Carlton a Central. Si tratta del più alto bar del mondo con una vista fantastica sui grattacieli e la baia di HK. Soprattutto se si considera la location, i prezzi non sono nemmeno eccessivi e la qualità delle bevande offerte è veramente alta (il succo di carota più buono della mia vita).

Dopo tanto lavoro, direi che è sacrosanto trattarsi bene e immaginare di appartenere all’ high-class cittadina. Ogni tanto uno sfizio ci vuole ;)

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Semana 2: Beijing

El Segundo fin de semana comenzó con el Community Outreach en la Beijing Huiling Community Service para gente con discapacidades de aprendizaje. Se trata de una organización caritativa que ayuda a personas con discapacidades mentales mediante el arte, las actividades físicas, y las reuniones en comunidad. Durante la primera parte de la visita nos explicaron el funcionamiento y la historia de la organización, tras lo cuál nos demostraron cómo se ha de preparar un té siguiendo la tradición China. A continuación, pudimos disfrutar de una serie de juegos y bailes con varios de los miembros a los que la organización ayuda. Fue una experiencia muy interesante y divertida.

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Al finalizar la visita, nos acercamos al Hutong de Nanluoguxiang; un Hutong podría definirse como un barrio o conjunto de calles construidos durante las dinastías Yuan, Ming y Qing, formados por calles estrechas o callejones, y edificios bajos en forma de cuadrados o cuadriláteros, los cuales ofrecen un interesantísimo contraste con la gran cantidad de rascacielos con los que cuenta Pekín.

Al día siguiente fuimos al Silk Market o Silk Street Market; un centro comercial muy conocido entre los turistas debido a la gran cantidad de tiendas con todo tipo de productos de imitación, entre ellos: relojes, bolsos, cámaras, ropa, calzado, etc. En definitiva, cualquier producto que os podáis imaginar. Debido a la gran afluencia de turistas que recibe diariamente, hoy en día también se pueden encontrar caligrafías antiguas Chinas, alfombras y demás artículos de recuerdo. Lo más curioso y, al mismo tiempo, entretenido del mismo es la necesidad de regatear todos los precios.

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El lunes comenzó otra semana de trabajo, uno se va acostumbrando, poco a poco, a la cantidad de gente que hay, tanto dentro del transporte público, como en la carretera en general, con sus motocicletas, coches y bicicletas. Todas las calles, a cualquier hora del día, están llenas de motocicletas eléctricas, para las cuales parece que no existen las señales de tráfico, ya que van sin parar, tanto por la acera como por la carretera, pitando a la gente para que se aparte, sin importarles ir en dirección contraria.

El martes tuvimos clase de mandarín a última hora de la tarde y aproveché para acercarme al corazón del CBD, el distrito financiero de la ciudad, antes de que comenzará. Tras haber visitado un Hutong el fin de semana, parece increíble que ambas zonas sean parte de la misma ciudad. En cuanto a las clases de mandarín, en el nivel más bajo, nos enseñan frases y palabras básicas, muy útiles para el día a día; como por ejemplo dónde queremos ir, qué queremos comer, los números, etc.

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El jueves la organización había preparado el evento cultural; el cual consistió en acudir al Teatro Chaoyang para disfrutar de un show acrobático que superó con creces las expectativas. Fue increíble ver la elasticidad de las bailarinas, la fuerza y estabilidad de los acróbatas, o el control de la distancia de los ocho motoristas que daban vueltas en una minúscula jaula circular; entre otros.

El viernes, al salir del trabajo “disfrutamos” de la lluvia Pekinesa, fue impactante ver como en apenas media hora se inundaba todo; lo cual provocó que el tráfico congestionado de serie, empeorara aún más. Por suerte, conseguimos llegar a casa y al cabo de unas horas tanto el tráfico como los charcos desaparecieron y pudimos acercarnos a Sanlitun, una de las zonas de fiesta más populares de Pekín, para disfrutar del principio del fin de la semana.

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Eso es todo por ahora,

¡hasta la semana que viene!

Zâi jiàn!

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Friday, August 7, 2015

Sofferenze multimediali. Dove la lentezza assume un significato filosofico

Una delle cose più snervanti della Cina è internet.
Semplicemente perché non funziona. Anzi peggio, funziona un po’ sì e un po’ no. Il che offre ottative illusioni di connessione e vane speranze di condurre una normale vita da ventunesimo secolo. Sarebbe meglio non funzionasse del tutto, così un si mette l’animo in pace …e anzi, vivrebbe meglio e più rilassato.
Le cose vanno più o meno così: siti come google, facebook, gmail, youtube ecc. sono bloccati. Gli altri – che dovrebbero andare – , non vanno comunque. Sono bloccati perché ci sono i corrispettivi cinesi, ovviamente in cinese, ovviamente con le ricerche bloccate.
Per poter aggirare i blocchi, si usa il VPN, un programma che fa rimbalzare i segnali del modem. Cosa che necessita di una buona connessione wi-fi. E qui cade l’asino. Perché la questione è proprio che qui, oltre ai siti bloccati, c’è anche un wi-fi con connessione medievale.
Di più – come direbbe il migliore dei Sandro Mayer -, il VPN stesso funziona quando ne ha voglia lui. E quando ciò accade, va a singhiozzi. Tipo che si attacca ala linea due minuti e poi cade per un quarto d’ora.
La cosa rientra chiaramente nel reato di induzione all’omicidio.
In effetti, una delle maggiori cose che insegna la Cina è la pazienza. Decine di tentativi di mandare una mail, da tre differenti account, o millenni per aprire un collegamento, o ancora anni luce per caricare un qualsiasi elemento multimediale, mi riportano direttamente negli anni ’90, col modem 56 k.
Avendo già sperimentato la cosa allora, pensavo il destino me ne avrebbe risparmiato una seconda esperienza. Tanto più che allora il mondo era ancora lento allo stesso modo del modem 56 k.
L’agonia multimediale invece è quella sofferenza tipica di chi necessita per lavoro ed esigenze personali di doversi connettere a un mondo che va ad una velocità da lepre, potendolo però fare al ritmo di una lumaca.
E in effetti questo contraddistingue anche il comportamento dell’indigeno di Shanghai, sia esso cinese o “expat”. Shanghai assomma a sé frenesia e lentezza.
Facendo un parallelo è come avere i ritmi di Milano, con i tempi di Roma ed il caos di Napoli (e con un pizzico di svogliatezza spagnola).
Ma tant’è: ci si deve adattare alla triste realtà di fare in tre ore (se va bene) quello che si potrebbe fare in un quarto d’ora. In rete come in strada!
La svogliata flemma dei cassieri al supermercato, ad esempio, non accenna minimamente ad intaccarsi nemmeno di fronte a code chilometriche.
Allo stesso modo in metro, all’ora di punta, lo “sceriffo” che decide cosa devi far passare al metal detector (una figura fondamentale per la sicurezza di tutti noi!), non accennerà né a rivedere i suoi criteri di selezione, né ad aumentare i suoi ritmi di cernita. E nulla gliene cale se ci sono centinaia di persone compresse in una italianissima fila ad imbuto.
La settimana però per me ha preso ritmi diversi. Con lunedì ho iniziato il nuovo lavoro, in una multinazionale con ufficio taglio boutique (sulla ventina di persone). Ottimo per un ambiente meno formale ed ingessato.
La cosa porta con sé anche l’agognato traguardo di dismettere la cravatta, che – per quanto da me adorata – d’estate si rende meno amabile.
La settimana scorre, come sempre, tra caldo torrido e ritmi lavorativi, sebbene più tranquilli. Con la sesta settimana posso dire di essermi definitivamente amalgamato alla città e di iniziare a capirne ritmi e abitudini …incominciando a farne parte.
Mi fa compagnia un costante, simpatico, mal di gola. Si presenta alla mattina appena sveglio, bigia dal lavoro, ma riappare baldanzoso la sera.
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Sera che regala sempre qualche amabile chiacchierata con i “flatmates” o, come nel fine settimana, qualche meritato svago.
Questa volta si è andati al Bar Rouge, uno dei “rooftop” più famosi di Shanghai e del suo “Bund”, il lungo-fiume. Posto “pettinato” (come si dice dalle mie parti), dalla vista mozzafiato sui grattacieli di Pudong (la zona finanziaria), illuminati alla pacchiana.
Pacchiano, che qui ha un certo seguito, specialmente nei ristoranti e negli alberghi, dove baroccheggianti arredamenti rosso/oro da case sequestrate ai camorristi, si alternano a lucidissimi marmi in stile sfarzo senza giustificato motivo. Il bello della Cina è però trovare i contrasti in ogni cosa: perché magari il quello sfarzo, ci trovi qualcuno che ronfa della grossa il sonno dei giusti.

Ma qui va bene così.

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